Arkadiusz Milik e il suo impatto – silenzioso ma devastante – alla Juventus

Si dice del popolo polacco che sia dotato di grande forza d’animo e di tempra, soprattutto nelle difficoltà.

Certamente Arkadiusz Milik, nato a Tychy, in Polonia, è un esempio di ciò.

Arrivato alla Juventus negli ultimi giorni di mercato, tra lo scetticismo generale di chi ne conosce il passato al Napoli e i problemi fisici, sta lasciando letteralmente tutti a bocca aperta.

Arek approda tra i Partenopei nella stagione 2016/17, per raccogliere la pesante eredità di Gonzalo Higuain;  sin dalle prime battute in campo sembra esserne all’altezza. Il suo impatto con la maglia azzurra è incredibile.

Dopo pochissimo, però, riporta la rottura del crociato anteriore sinistro; recupera alacremente, tornando in campo dopo soli 4 mesi, con determinazione. Sconfigge la paura di non riuscire a tornare ai suoi livelli.

Il Napoli nel frattempo è andato avanti, consacrando la stella di Dries Mertens. Milik prova a riprendersi il suo posto ma, nel mentre, arriva la rottura dell’altro crociato.

Il tempo segnato dagli infortuni inevitabilmente ha alterato, in qualche modo, l’evoluzione e la carriera dell’attaccante polacco. Una carriera che si prospettava assolutamente brillante e che gli avrebbe aperto, facilmente, palcoscenici rilevanti.

Questo tuttavia non è stato motivo di scoramento per Milik. 

Nonostante la sua storia, ha saputo rimettersi in piedi e soprattutto, la sua fisionomia di attaccante non è stata intaccata.

Arek Milik non è un 9classico – così come non lo era Alvaro Morata – e proprio per questo motivo Massimiliano Allegri lo predilige a Memphis Depay, altro nome papabile per l’attacco bianconero a fine agosto, decisamente più esuberante.

Il polacco ama svariare sul fronte d’attacco, non è un “semplice” finalizzatore: riesce a collegare i reparti, fa salire la squadra, è concreto e sa mettersi a servizio dei compagni.

A parte ciò, colpisce l’umiltà e la semplicità con cui arriva alla Juventus, senza alcuna pretesa e consapevole di non essere un oggetto di desiderio.

Senza farsi scoraggiare da nulla, nemmeno dal momento critico che la Juve sta attraversando, Arek risponde “presente” a ogni chiamata della Vecchia Signora.

Segna con regolarità anche quando gli altri non riescono, si mette a disposizione, emana, senza esagerare, anche una sorta di silenziosa leadership che nessuno avrebbe mai immaginato.

La cosa più intelligente che Milik riesce a fare, sin da subito, è annullare ogni possibile “rivalità” con il più giovane compagno Dusan Vlahovic.

A dispetto delle voci di corridoio che già li avrebbero voluti vedere “l’ un contro l’altro armati”, Arek soprattutto, dall’alto della sua maggiore esperienza, mette a tacere ogni possibile malinteso. E i due stanno imparando ad intendersi, anche bene.

Persino sui social si pone in maniera impeccabile.

È inutile nasconderlo: Milik si è preso con merito assoluto la sua maglia bianconera  (un bellissimo 14, d’altronde). Un merito che nessuno gli avrebbe concesso e che forse per questo vale ancora di più. A oggi le riserve della piazza bianconera sono tutte praticamente sciolte.

Nelle sue – poche – parole si avverte la consapevolezza dei propri mezzi malgrado le sfortune che il destino, non proprio generoso con lui, gli ha riservato.

Eppure l’immagine che più colpisce di Milik è quell’ingresso in palestra, il primo giorno alla Continassa, quel “Non vorrei disturbare” che ne dà l’immagine di un ragazzo schivo, umile, e che lo rende subito amabile.

Amabile ma solido, una spalla su cui ci si può appoggiare, malgrado quelle ginocchia che in passato lo hanno tradito due volte.

Alla fine non c’è nulla che soddisfa di più che costruire nel silenzio.

Daniela Russo