Quando ho scritto lo scorso articolo su Dusan Vlahovic, non mi immaginavo davvero che nel giro di una settimana sarebbe approdato a Torino.

Il desiderio di vederlo indossare la casacca della Juventus è sempre andato di pari passo con quella sottile consapevolezza che la Vecchia Signora, in questo momento storico, non fosse esattamente la squadra più adatta a lui.

Ma poi è arrivato il 28 gennaio, Dusan è giunto a Torino e l’entusiasmo è sgorgato spontaneo, da parte di tutti.

Come avrebbe potuto essere altrimenti?

Un ragazzo giovane e con i numeri del serbo dovrebbe essere la felicità di ogni tifoseria e soprattutto di ogni allenatore. Il suo impatto sulla Juve è stato come doveva essere: esplosivo e immediato.

Purtroppo con il passare delle settimane l’entusiasmo ( della società, della piazza, dello stesso Dusan) ha lasciato il posto agli eventi che hanno preso una piega decisamente differente da quanto atteso.

L’approccio di Allegri alle gare e la metodologia d’attacco dell’allenatore livornese stanno mettendo gradualmente in difficoltà l’attaccante serbo.

Alla Fiorentina, Vlahovic oltre a marcare regolarmente o quasi in tutte le partite, era abituato a essere costantemente servito. Non solo: partecipava attivamente alla costruzione del gioco, un gioco che prediligeva il dialogo palla a terra.

Il sette bianconero si ritrova ora in una manovra viziata dalla sterilità offensiva da inizio stagione, in cui le soluzioni sono veramente mediocri e limitate e che paradossalmente sono andate a evidenziare i suoi punti deboli ( per esempio il gioco spalle alla porta).

Punti deboli che puntualmente l’allenatore della Juve ha rimarcato in ogni post partita, aggiungendo tra le atre cose una mancanza di esperienza.

È dato di fatto che oggi la media realizzativa di Vlahovic si sia abbassata.  Questo mina la possibilità, per Dusan, di vincere il titolo di capocannoniere, titolo che sicuramente gli sta a cuore.

Il ragazzo appare da settimane poco tranquillo, turbato. Per uno  che vive di gol, questa difficoltà realizzativa acuisce il nervosismo, che rischia di diventare una trappola anche per uno mentalmente forte come lui.

Purtroppo in casa Juventus  Kulusevski rappresenta l’esempio lapalissiano di come la perdita di fiducia in se stessi possa influire nel rendimento sul campo.  Lo svedese, che ha lasciato la Juve a gennaio demotivato e insicuro, ha ritrovato alla corte di Conte tutto lo smalto che ci aveva mostrato in passato.

Ad acuire il turbamento di Dusan Vlahovic ha contribuito senza dubbio anche la situazione di Paulo Dybala.

I due compagni di reparto, che splendidamente si erano intesi sin dalla prima gara, si separeranno a fine stagione, visto che la Juve ha deciso di non rinnovare il contratto dell’argentino.

I discorsi con cui la dirigenza bianconera ha decretato la fine della storia con il Diez hanno rischiato seriamente di compromettere sul nascere il rapporto tra i due giovani. Tuttavia, Paulo e Dusan si sono legati ancora di più e non hanno nascosto pubblicamente la loro difficoltà a gestire emotivamente quanto stava accadendo.

Arrivabene non ha certo esitato a scaricare la responsabilità del mancato rinnovo sulla nuova centralità del progetto di Vlahovic, senza pensare alle conseguenze di tale dichiarazione… Su Vlahovic stesso e sull’intero spogliatoio.

Dusan Vlahovic rappresenta, per investimento e per età, il cuore di questa Juventus.

Eppure fino ad oggi ho l’impressione che la Juventus non abbia maneggiato questo gioiello con la dovuta cura.  Anzi.

Il serbo deve sicuramente lavorare per migliorare ( non dimentichiamo che è un classe 2000) ma, detto questo,  va maggiormente protetto.

Una  protezione che  va fatta dall’interno, mettendolo nelle condizioni di lavorare al meglio, di esaltare le sue caratteristiche, perché solo coltivando i propri pregi Vlahovic comincerà poi a limare i suoi difetti.

Esattamente come ha già fatto a Firenze.

Una protezione che, a mio modesto parere, dovrebbe partire dallo stesso vertice della Juventus, se è vero che per la Juventus Dusan Vlahovic è un tesoretto.

Dovrebbe altresì essere lo scopo principale di Massimiliano Allegri che, invece, non mi è sembra particolarmente preoccupato a riguardo.

E conoscendo il rapporto tra Allegri e i giovani, un po’ di remore restano, legittime.

Anche la tifoseria dovrebbe essere più protettiva verso questo giovane campione.

Il diamante non viene fuori da solo dal carbone: bisogna aiutarlo a uscire.

In casa Juve questa attitudine, un tempo marchio della casa, si sta da parecchio lasciando andare.

Sarebbe veramente ora di recuperarla, prima che sia troppo tardi. 

Mente e corpo, fiducia e rendimento non si possono separare. Nella vita come nel calcio.

 

Daniela Russo