Paolo Rossi, Il  Calciatore degli italiani

 

Campione del Mondo.

Pallone d’Oro.

Capocannoniere.

Due Scudetti. E poi ancora, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa Europea, una Coppa delle Coppe, una Coppa Italia.

Ma anche un uomo che si è saputo rialzare. Uomo che ha combattuto con sacrificio e determinazione, senza fermarsi mai.

Un uomo che è stato fra la gente, quando ancora il calciatore era visto come uno di noi, e si poteva abbracciare, stringere, toccare.

La vita di Paolo Rossi è una favola, di quelle che finiscono bene. Prima però ci sono successi e dolori, vittorie e cadute, ferite e ingiustizie. Sogni e speranze.

E tutto questo ha contribuito a farlo diventare Pablito…

 

Paolo Rossi
Foto di Sara Galimberti.
Ufficio Stampa Tommaso Martinelli.


Pablito per sempre. 

Voglio iniziare questa intervista da una tua frase che rappresenta un po’ lo spartiacque fra il calcio di ieri e il calcio di oggi: noi eravamo ancora una generazione di calciatori che potevano essere toccati. Proprio così: toccati. Quanto manca al calcio contemporaneo quel contatto?

I calciatori di oggi sono molto più distanti dalle persone, dai tifosi, e non vengono più percepiti come simili. Noi eravamo una generazione di uomini che poteva essere toccata, che aveva rapporto con i giornalisti, che non aveva uffici stampa e procuratori come filtro. Adesso è tutto più freddo, gli atleti sono vissuti come extraterrestri. Anche i social hanno acuito questo aspetto, pur avendo una funzione importante in questa fase storica. Ma fa parte del gioco, è il risultato del cambiamento epocale e globale, della tecnologia sempre più protagonista.

 Se svolgiamo uno sguardo al passato, al tuo passato ma anche a quello dei tifosi di un tempo, qual è il sentimento che maggiormente prevale?

Nostalgia per tempi belli, veri, pieni di emozioni. La mia gioventù, quella di molti miei colleghi. Ma io non vivo di soli ricordi e sono convinto che la vita deve andare avanti e procedere secondo i suoi tempi. Secondo i suoi ritmi moderni.

Quanto è cambiato il modo di vedere il calcio e di conseguenza i calciatori dagli anni ’80 ai giorni nostri?

Il calcio è sempre il calcio, la passione è sempre passione, i tifosi sempre tifosi. Sono cambiate alcune regole tecniche, la velocità in campo, la fisicità. E sono cambiati, appunto, i modi di rapportarsi al calcio, ai calciatori, alle squadre. Ma tutto questo si chiama progresso ed è inevitabile!

Cosa ne pensi dell’utilizzo spesso smodato dei social network da parte dei calciatori e delle loro mogli spesso polemiche verso allenatori e/o società?

Nessuna moglie o donna si dovrebbe intromettere nelle questioni tecniche, anche se cura l’aspetto manageriale e contrattuale del proprio compagno. Le polemiche, poi, lasciano il tempo che trovano! E, spesso, non portano a soluzioni intelligenti e concrete.

ESCLUSIVA – Federica Cappelletti: “Vi racconto le lacrime e i ricordi di mio marito Paolo Rossi, patrimonio dell’Italia e degli italiani”

In “Quanto dura un attimo”, biografia scritta a quattro mani con tua moglie Federica Cappelletti, leggiamo la storia di un uomo prima che di un Campione che ha saputo rialzarsi superando tante difficoltà. Che consigli daresti a quei giovani che vogliono tutto e subito abbattendosi alla prima difficoltà?

Ai giovani che vogliono tutto e subito, arrendendosi alle prime difficoltà, dico che la determinazione è l’unica strada del successo. Io avevo un sogno, ho sfidato il mondo e la sorte e alla fine ce l’ho fatta. Ma dietro il mio successo ci sono tante sofferenze, sacrifici e lacrime. Adesso sono Pablito, ma questo nickname ne lo sono guadagnato sul campo!

La biografia è dedicata a Bearzot e a Fabbri. Molto di più di due allenatori per Paolo Rossi…

Bearzot e Fabbri sono stati due padri, oltre che due tecnici lungimiranti e professionalmente ineccepibili. Fabbri mi ha cambiato di ruolo e ha fatto la mia fortuna, sapeva prendermi, era più malleabile. Bearzot mi ha aspettato quando ne avevo più bisogno, mi ha creduto, capito, stimolato. Era un burbero, intransigente, un friulano. Amante dell’arte e della cultura. Sono entrambi nel mio cuore, dove rimarranno per sempre.

PAOLO ROSSI
La biografia di Paolo Rossi scritta a quattro mani con sua moglie Federica Cappelletti.
ph: Sara Galimberti

 Fra il serio e il faceto hai dichiarato di essere pronto a una chiamata di Mancini! A noi un Paolo Rossi in effetti manca tanto, a Paolo Rossi invece quanto mancano il calcio e i suoi tifosi?

Mancini ha dichiarato che prima dell’Europeo e per l’Europeo avrebbe voluto un Paolo Rossi. Se potessi, tornerei volentieri in campo a giocare con la maglia Azzurra. Una maglia che ho sempre amato tanto. E lo farei con lo spirito di sempre, soprattutto adesso che una vittoria potrebbe riportare ottimismo e fiducia alla nostra nazione. Com’è successo nel 1982, quando la Nazionale di Enzo Berazot, la nostra Nazionale, ha ridato speranza e forza a all’Italia e agli italiani….

 Intravedi un nuovo Paolo Rossi all’orizzonte?

Non ci sono calciatori con le mie caratteristiche, al momento, nel mondo del calcio, ma ci sono giocatori che stanno facendo molto bene in Nazionale. Come Belotti e Immobile.

In questi anni, qual è stata la squadra che ti ha maggiormente coinvolto dal punto di vista tecnico – tattico?

Seguo un po’ tutte le squadre del calcio italiano con grande interesse, ma se parliamo di novità e di allenatori che sono in grado di cambiare l’aspetto del gioco… Pep Guardiola rimane un punto di riferimento. Ma anche Klopp del Liverpool è un tecnico che a me piace tantissimo e che ottiene sempre il massimo dai suoi giocatori.

L’emergenza Coronavirus ha messo in ginocchio tutti, non fa differenze e dinanzi al dramma siamo tutti uguali. Cambierà anche il modo di “gestire” il calcio? Diciamola tutta, tornerà il calcio romantico?

Il calcio tornerà tale e quale! Forse questo periodo farà riflettere, anche dal punto di vista degli ingaggi, molte società. Per il resto, con un po’ di pazienza ritroveremo l’entusiasmo e la voglia di giocare, applaudire, tifare. Tornerà la leggerezza, la positività che è stata oscurata da questo virus.

 

 

Giusy Genovese