Lionel Messi non riesce proprio a stare lontano dai “riflettori”. Siamo abituati a sentirne parlare per le prodezze in campo, un po’ meno per motivi poco nobili. È questo il secondo caso,  in quanto il suo nome è stato accostato al narcotraffico messicano. L’accusa è pesante, anche se ancora da accertare. Secondo il quotidiano spagnolo “El Mundo”, un testimone che vive negli Stati Uniti sotto copertura e ora in carcere, avrebbe rivelato alla DEA (Drug Enforcement Agency) che alcune partite di beneficenza, chiamate commercialmente “Messi&Friends e disputate in diversi paesi dell’America Latina nel 2012 e 2013 con protagonisti Lionel Messi e altri giocatori del Barcellona sarebbero state utilizzate come copertura per riciclare denaro sporco per uno dei principali cartelli della droga messicani. L’organizzazione in questione si chiama “Los Valencia” e si occupa prevalentemente del traffico di marijuana e oppiacei, iniziando l’attività in Messico e allargandosi progressivamente in tutto il Centroamerica.

Un dettaglio al vaglio degli inquirenti è che la “Fondazione Leo Messi”, nel periodo sotto inchiesta, sarebbe stata guidata dal padre del fenomeno blaugrana, Jorge, ma le indagini non hanno ancora specificato se il fuoriclasse argentino, il padre o altri collaboratori siano stati a conoscenza del presunto collegamento con il traffico di droga.

Bocche cucite dallo staff del giocatore e dalla Fondazione Messi:

Tutto quello che c’era da dire è stato detto molto tempo fa. Non abbiamo niente a che fare con questa storia”.

Per far luce sulla questione sono sotto interrogatorio della DEA giocatori come Pinto, Alves e Mascherano, per verificare se hanno ricevuto compensi per la loro partecipazione ai match, i cui incassi avrebbero finanziato associazioni benefiche e progetti sociali.

Barbara Roviello Ghiringhelli