Dopo l’esperienza in Germania con il Bayern Monaco, Luca Toni sta facendo molto bene anche con la maglia del Verona. A turbare questo periodo felice ci ha pensato una brutta vicenda con il fisco tedesco. A citarlo in giudizio è stata la Chiesa tedesca, per tasse non pagate nel 2007. Secondo la normativa, chiunque eserciti attività lavorativa in terra tedesca, è tenuto a versare alla Chiesa locale un tributo, indipendentemente dalla religione professata, a meno che non si dichiari ateo e dimostri concretamente di esserlo non partecipando ai sacramenti.

Come è successo il guaio? Nel 2007 i commercialisti del Bayern commisero un errore, indicando il centravanti come “ateo”, risultando quindi esente dal pagamento dell’imposta , mentre l’anno successivo fu classificato come “cattolico”. Il Fisco notò l’incongruenza e inviò a Toni un sollecito di pagamento di 500 mila euro all’anno calcolato in base al suo stipendio, che in Baviera era di 6 milioni a stagione, arrivando alla cifra di 1,5 milioni più 200 mila euro di interessi. Ma il giocatore non ci sta e pretende che a pagare siano i suoi vecchi commercialisti, che non gli hanno detto nulla sulla tassa religiosa che vige in Germania. I commercialisti attribuiscono invece quell’errore al Bayern Monaco. Il giudice ha proposto allora un compromesso: 700 mila euro li avrebbe dovuti mettere Toni, 500 mila i suoi commercialisti e altri 500 mila il club bavarese. L’attaccante modenese si è recato oggi presso il tribunale di Monaco di Baviera, e all’uscita, intervistato dai microfoni, ha mostrato ottimismo: “Sono venuto per parlare e trovare una soluzione”.
L’unico modo per non pagare la “tassa religiosa” è professarsi atei, rinunciando però ad ogni atto legato alla religione.

Le parti però non sono riuscite a trovare un’intesa e così Toni andrà a processo il prossimo 15 luglio.

Barbara Roviello Ghiringhelli