Federico Chiesa è tornato.

A un anno esatto dall’infortunio che ne ha compromesso il legamento crociato, l’attaccante figlio d’arte si è distinto durante la gara contro l’Udinese con uno di suoi numeri più brillanti. Un assist preceduto da uno stop di petto che a molti ha ricordato quello – che poi lo porta alla rete – contro l’Austria in azzurro, nel 2021.

Federico era già rientrato in campo a fine 2022 –  una tempistica abbastanza lunga – dando segnali di buona ripresa,  ma nella gara contro i friulani ha finalmente confermato l’impressione di un completo recupero.

I timori sembrano essere scacciati.

Dico “sembrano” perché al momento Chiesa non ha giocato ancora una partita completa e pertanto le valutazioni restano limitate a quel poco che ho visto.

Il giocatore è apparso assolutamente sereno e libero mentalmente, segnale che il fisico sta rispondendo come si deve al rientro in campo. Certo, per capire quale Chiesa sia tornato dopo questa assenza così prolungata ho bisogno di esaminarlo in un arco di tempo più lungo.

Riflettevo inoltre su un particolare abbastanza importante.

Da quando Massimiliano Allegri è allenatore della Juventus, Chiesa ha giocato veramente poco in bianconero.

Già prima del crociato ( data della rottura 9 gennaio 2022), aveva avuto uno stop di quasi un mese, e dall’inizio del campionato 2021/22 comunque Allegri non ne fa un impiego continuativo.

Il nuovo mister lo schiera con meno continuità rispetto a Andrea Pirlo, con il quale Federico ha praticamente preso possesso pieno della Juventus.

Nella Juve di Pirlo, Federico Chiesa è leader immediato e assoluto.

Le attitudini “moderne” del neo allenatore, la mancanza di rigidità di quella squadra, se da un lato mostrano deficit che indubbiamente la penalizzano, esaltano al massimo le caratteristiche del figlio di Enrico.

Nel contesto della stagione 2020/21, nel quadro “caotico”, ancora indefinito, delle idee del tecnico bresciano, l’ esterno ex viola si inserisce alla perfezione grazie alla sua genetica di attaccante altrettanto “caotico” e sorprendente, capace di costruire, di illuminare, di generare pericolo assolutamente dal niente.

Non solo, Pirlo ha permesso a Chiesa di sfruttare al massimo una caratteristica devastante del suo modo di vivere il calcio: l’istintività più cruda, il “sacro furore” che non prevede pause di riflessione, ma agisce e basta.

Facendo ciò Chiesa è uscito dallo status di “Giocatore fumoso” (come è stato definito da Emanuele Atturo in un suo articolo su “L’Ultimo Uomo”) per diventare fonte di illuminazione e di risoluzione in moltissime occasioni.

Oggi, tuttavia, siamo in un contesto completamente nuovo.

Nuovo perché, al di là delle più rosee previsioni e delle “good vibes” che il giocatore stesso emana, sappiamo ancora nulla del Federico Chiesa post crociato.

Potrebbe essere rimasto lo stesso, devastante, travolgente, tutto strappi e progressioni. In verità è quello che tutti vorremmo, perché questa è l’essenza di Federico Chiesa, quello che fa di lui un Iradiddio.

Federico Chiesa, figlio di Enrico, Iradiddio

Potrebbe invece (e non lo augurerei a nessuno, figuriamoci a Federico) aver bisogno di riadattare il suo modus alle esigenze del suo fisico come già accaduto ad altri prima di lui, anche se parliamo di epoche diverse e di tecnologie a disposizione differenti.

Nuovo, inoltre, perché Fede dovrà trovare progressivamente posto in una Juventus, questa odierna di Massimiliano Allegri, che di “caotico” e lirico ha veramente, veramente poco.

La squadra bianconera, oggi, è costruita a immagine e somiglianza dello stesso Max che, dopo un inizio da dimenticare, ha avuto la freddezza di riprendere in mano la situazione. Una situazione che sicuramente non è ottimale, ma ha comunque permesso alla Vecchia Signora di rientrare nelle parti che contano della classifica.

È una Juventus oserei dire “ordinata” in contrapposizione al “caos” di cui sopra. Una Juventus in cui tutto passa attraverso il controllo sui 90′ ( anche se faticoso) e che non fa certo del rischio il suo biglietto da visita.

In questa Juve così a immagine e somiglianza di Allegri, dove collocare Federico Chiesa?

Come adattare al “cortomusismo” (termine tornato prepotentemente alla ribalta) uno come il ragazzo di Genova, che ha nelle vene sangue da attaccante ed è letteralmente ossessionato dal richiamo della porta, del gol?

Al momento Allegri – che parla di Federico in termini di attaccante, comunque – sembra orientato a incastrarlo nel suo sistema come quinto di centrocampo, in un asset che parte da un baricentro posizionale quasi sempre basso.

Questo significa allontanare Chiesa dall’area di rigore e quindi andare a ostacolare in qualche modo quel richiamo.

Non molto diverso il discorso per la seconda punta,  nella quale a rotazione la guida tecnica  sta facendo passare un po’ tutti: ricordo lo scorso inizio di stagione un Allegri che propendeva per questa posizione anche per Fede.

Fatto sta che la seconda punta, nello scacchiere allegriano, è storicamente chiamata a fare un lavoro non indifferente, di grande dispendio energetico.

Senza considerare  che tra tutti i ruoli sembra proprio meno  congeniale a Federico stesso.

Il punto è che ai miei occhi c’è per essenza  una sorta di dicotomia tra il ‘disordine” di Chiesa e l’ “ordine” di Allegri.

 

Credo che Pirlo e subito dopo Mancini abbiano saputo mettere Chiesa nelle condizioni per esprimersi al massimo, collocandolo in una dimensione fatta di velocità, di cambi di direzione e di pure invenzioni di genio nelle aree più esterne del campo, a sinistra in modo sublime ma volendo anche a destra.

L’impressione avuta da tempo, invece, è che Allegri voglia in qualche modo contenere e indirizzare diversamente le energie di Federico.

Qualcuno dice che il mister di Livorno potrebbe trasformarlo in una sorta di “falso 10”, grazie alle sue innegabili doti di corsa, dribbling, propensione al tiro in tutti i modi, dentro e fuori dall’area.

E ci sta, se Allegri veramente si convincesse dell’assoluto bisogno che la Juventus ha, in questo momento, di un tale elemento. 

Il punto è che a oggi Max sembra orientato su altro. La sua priorità – come sappiamo bene tutti – è consolidare la stabilità difensiva in nome di un lavoro preciso che viene richiesto a tutti i comparti e non solo alla difesa vera e propria.

La mia paura pertanto è quello di vedere un Federico Chiesa, per quanto arma letale, utilizzato a singhiozzi e da classico “spacca-partite”, termine tanto caro a Allegri e così tanto in voga nella tifoseria juventina di secondo pelo. 

Ricorderemo a questo proposito Douglas Costa, giocatore dal talento strepitoso che fu confinato, nella prima Juve di Max, a fare esattamente lo stesso.

Ora, sappiamo bene quanto sforzo sia costato all Juventus portare Chiesa a Torino e converrete con me quando parlo di Fede come un patrimonio, anche – e soprattutto, mi viene da dire – nell’ambito della Nazionale Italiana. Chiesa è  uno dei pochissimi talenti genuini del nostro calcio.

Già la Dea Bendata gli ha presentato un conto salato, lasciandolo fermo per un anno: credo onestamente non abbia più tempo da perdere in esperimenti.

Le mie personali perplessità su come Max possa conciliare ordine e disordine, calma e impeto, prosa e poesia sono veramente tante.

Ma spero siano solo inutili preoccupazioni.

il resto ce lo dirà il tempo.

Daniela Russo