Federico Chiesa è un Iradiddio.

Federico Chiesa è un figlio d’arte, calciatore per eredità e per predestinazione.

Già da piccolo, tra le braccia di papà Enrico, rassicurava il mondo del calcio Azzurro che sì, ci avrebbe pensato lui, a fare i gol per la Nazionale.

Ed è stato di parola.

A distanza di 25 anni mette la firma  su una partita importante e arcigna, che si era messa veramente male per l’Italia. Una partita di un Europeo, in uno stadio inglese, proprio come accaduto nel 1996 a suo padre.

Mentre la rete di Enrico non aveva avuto le sorti sperate (l’Italia uscì sconfitta contro la Repubblica Ceca di Nedved), quella del figlio spacca una gara che si era messa in salita e apre le porte al passaggio ai quarti.

E la sua esultanza è praticamente la stessa, che si ripete dopo un quarto di secolo, iconica e travolgente, proprio come travolge lui, Federico.

Federico Chiesa è un uragano regalato al mondo del pallone, un giovane dotato di una potentissima carica mentale che si trasforma in corsa, atletismo, potenza.

Gioca a calcio in maniera quasi primitiva, d’istinto, come permeato di sacro furore.

Il suo sguardo perennemente allucinato tradisce la trance agonistica che si impossessa di lui non appena scende in campo, la stessa che fa di lui una pedina capace di far saltare qualsiasi schema tattico.

I suoi strappi e le sue accelerazioni sulle fasce ( ricordiamo che il ragazzo si posiziona a destra come a sinistra) risultano devastanti nell’ordine statico delle partite più bloccate.

La sua furia, la sua voglia di emergere e di trascinare lo conducono a reti come quella di sabato.  Controllo e tiro sono frutto del puro agone, senza quasi guardare con gli occhi, ma solo con la mente:

Sul gol sono stato bravo a restare calmo perché magari ti viene voglia di calciare al volo e spaccare la porta.

Il bello è che Federico Chiesa avrebbe veramente spaccato la porta, così come mangerebbe l’erba in campo, se solo potesse. Quante volte lo abbiamo visto nella stagione appena conclusa alla Juventus: nella sua corsa c’è tutta la squadra, caricata sulle spalle.

Ma lui non sente nulla, procede senza esitare: nemmeno il disappunto di Cristiano Ronaldo lo tange. Se sente che la palla è sua, niente e nessuno lo porterà a cederla.

Federico Chiesa è un Iradiddio.

Un talento prezioso, che va ancor di più coltivato e messo a servizio dei compagni, un’innata capacità di emergere in qualsiasi contesto, un dono che sopperisce e affina una tecnica già buona di base e destinata solo a migliorare.

Questa sua “immediatezza” è un modo di vivere. L’ abbiamo vista nel suo conferire spigliatamente in inglese come un madre lingua, nel saper scegliere senza alcuna fatica le parole da dire dopo l’eliminazione con il Porto.

Una sorta di carisma che emerge quasi a sua insaputa, perché Federico non si atteggia affatto a leader. Dalle sue parole traspare sincera l’ammirazione per i suoi punti di rifermento, ma senza spirito di reverenza né di soggezione.

Federico Chiesa
Fonte immagine pag Twitter GjustJuve

Semplice e riservato nella sua vita privata: un ragazzone di 23 anni tranquillo, tra la passione per i cani e l’affetto per i fratelli. Spicca  la sua amicizia con Morata e la tenerezza verso i bambini del suo compagno di squadra alla Juventus.

Amicizie selezionate e quasi niente social: al contrario di tanti, Federico sembra quasi disinteressato a curare questo aspetto, oramai parte integrante  della vita dei calciatori.

Un novello Clark Kent, che quando indossa la divisa si trasforma nel Superman più antidivo che ci sia: perché  non gli è stata appiccicata alcuna etichetta di “fuoriclasse”, forse perché italiano, forse per il suo nome troppo ordinario.

Ma a Federico Chiesa non occorre questa etichetta: lui ha già la sua, personalissima, di figlio di Enrico, Iradiddio.

Daniela Russo