Partito Antonio Conte, qualsiasi tifoso interista è sprofondato in una sorta di buco nero. In molti hanno avuto la convinzione che, per l’ennesima volta, avviato un ciclo potenzialmente vincente si dovesse già dire addio a un sogno appena cominciato.

Dopo il tecnico leccese, quasi a voler dire addio a quella piccola speranza rimasta, i nerazzurri hanno dovuto salutare anche Achraf Hakimi, prima, e Romelu Lukaku, dopo. Addii che risuonavano già da giorni nell’aria ma che hanno comunque colpito come un fulmine a ciel sereno.

Poi, un giorno, nel modo forse più inaspettato possibile, è arrivato un nome nuovo sulla panchina dell’Inter. L’approdo di Simone Inzaghi ha stupito chiunque, dal momento che la partita su di lui sembrava praticamente essere chiusa in partenza. La Lazio ha dovuto dolorosamente dirgli addio. Il mondo nerazzurro, invece, gli ha dato il suo benvenuto. Eppure non è mancato un po’ di scetticismo.

A oggi, però, si può dire che possono comunque esserci cinque (buoni) motivi per far sì che Conte non venga rimpianto. L’Inter ha, nella scorsa stagione, conquistato (finalmente) il suo 19° scudetto ed è vero, doppiare il risultato sarà difficile, ma al tempo stesso sarebbe un gran bel traguardo .

  • Stesso modulo di gioco.

Antonio Conte e Simone Inzaghi hanno quindi qualcosina in comune. Oltre, ovviamente, alla propria presenza sulla panchina dell’Inter. Un vero e proprio amore per il 3-5-2 il loro. Un modulo per entrambi tanto affidabile, quanto applicabile nelle squadre poste sotto la loro guida.

Conte ha vinto e ha fatto vincere così il titolo di Campione d’Italia all’Inter, dopo aver impostato al meglio la sua rosa con un lavoro durato ben due anni. Un percorso lungo, però sicuramente anche avviato. La scelta di Inzaghi ha perciò portato una continuità nel sistema di gioco, che permette di sfruttare al meglio i diversi schemi già pensati in precedenza.

  • Continuità del progetto.

Tutto ciò porta a pensare che lui, più degli altri diversi nomi accostati alla panchina nerazzurra, possa portare quella continuità di cui il club ha bisogno. Tornare a vincere dopo circa 10 anni dall’ultima volta (e che volta considerando che si è trattato del Triplete!), non era semplice. Antonio Conte ci è riuscito creando un gran gruppo.

Ora, dal canto suo, Simone Inzaghi ha una grande responsabilità sulle proprie spalle, ma il gruppo sembra essere rimasto compatto. Nonostante tutti i problemi affrontati fino ad ora, primo tra tutti l’incubo vissuto da Christian Eriksen durante Euro2020. L’amore dimostrato da tutti al danese, anche dai nuovi arrivati, significa che la forza è l’insieme, non il singolo. Non l’attaccante, non il terzino, non l’allenatore, ma tutti, insieme.

  • Richiesta di giocatoti di alto livello e buona sinergia con Ausilio e Marotta.

Certo, la partenza di Hakimi e Lukaku, come detto, non ha lasciato i tifosi a cuor leggero. Alla loro partenza, però, l’Inter ha dato anche una risposta ai suoi sostenitori. Una grande risposta è arrivata infatti soprattutto sul mercato, perché prendere Calhanoglu, Dzeko, Dumfries e Correa a meno di 50 milioni di euro non è sicuramente stata un’operazione da poco.

Inzaghi ha fatto poche richieste ma sicuramente mirate, per far sì che il livello non diminuisse. Il neo allenatore ha comunicato le sue idee, Ausilio e Marotta hanno risposto, centrando veri e propri colpi da maestri. Quando la società ha espresso chiaramente la necessità di chiudere il mercato estivo con un bilancio in positivo, i due dirigenti sportivi hanno compiuto il vero miracolo.

A questo proposito, l’acquisto del ‘Tucu’, ovvero Joaquín Correa, resta emblematico. Attaccante e allenatore si ritrovano dopo aver vissuto insieme l’esperienza alla Lazio e l’argentino già alla prima con la maglia dell’Inter ha dimostrato tutta la sua gioia per essere approdato nel club che “sognava fin da bambino”. Una combo che sembra aver chiuso un cerchio, con l’intenzione di non deludere le aspettative.

  • Voglia di dimostrare le proprie capacità anche a livelli importanti.

La voglia di dimostrare le proprie capacità, Simone Inzaghi l’ha dimostrata fin da subito. Fin dalle prime partite amichevoli di quest’estate. Fin dall’inizio del campionato 2021/2022. Per poi arrivare all’esordio in Champions League contro il Real Madrid.
Una piazza un po’ diversa, quella della Milano nerazzurra, rispetto a quella della Capitale. Soprattutto una piazza che permette all’allenatore classe 1976 di mettersi in gioco, anche in un club che ha pretese maggiori.

D’altronde, le sue prime dichiarazioni come allenatore dell’Inter non hanno lasciato dubbi:C’è grandissimo entusiasmo, ho grandissime motivazioni e so che mi si prospetta un lavoro importante. È una bellissima sfida. Siamo consapevoli che troveremo un gruppo forte e dei tifosi calorosi. So che ci saranno difficoltà perché avremo lo scudetto da difendere ma siamo l’Inter e faremo di tutto per difenderlo. Alla Lazio sono stati ventidue anni intensi e importanti. Di meglio non potevo chiedere ma era giunto il momento di cambiare”.

 

Alessia Gentile