Pallotta, fine di un’era. Oggi, 6 agosto, Friedkin diventa il nuovo proprietario della Roma.

 

Finisce così, a quasi otto anni da quel 27 agosto 2012, il cammino di James Pallotta con la Roma tra maxi plusvalenze, tante rivoluzioni e sogni mai realizzati come uno scudetto e soprattutto lo stadio. Resta quindi ancora Franco Sensi il presidente più “longevo” con 15 anni di permanenza nel club giallorosso.

Il 27 settembre del 2011, in pieno fallimento societario, Thomas DiBenedetto, insieme a James Pallotta, Michael A. Ruane e Richard A. D’Amore, decide di acquisire il pacchetto di maggioranza della As Roma ormai nelle mani delle banche.

Pallotta
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Il 60% viene gestito dagli americani mentre mentre il restante 40% resta ancora a carico della Banca Unicredit.
Dopo quasi un anno di “tutor” da parte di DiBenedetto, il 27 agosto del 2012, il club passa ufficialmente nelle mani del socio James Pallotta.

Sembrava l’inizio di una nuova era ricca di soldi e soprattutto vittorie con tanti proclami e sogni che non sono mai stati realizzati nel tempo.
I tifosi erano su di giri, finalmente potevano ritornare a comprare i calciatori importanti, a competere con le big d’Italia e soprattutto ad aumentare i trofei nella bacheca del club.

Questo però non è avvenuto e dopo quasi 8 anni di presidenza, Pallotta ha deciso di vendere la società al magnate texano Dan Friedkin per una cifra astronomica di 591 milioni.

In questi 8 anni, Pallotta è stato il re delle plusvalenze e questa cessione a un prezzo così spropositato – lo dimostra il fatto di aver pagato la Roma nel 2012 il 10% di quanto della valutazione attuale – lo rende sicuramente un grandissimo imprenditore.

In questi anni il presidente è stato prima osannato e poi quasi maledetto. I tifosi – stanchi delle continue promesse di trofei per poi ritrovarsi ogni anno con un pugno di mosche in mano e vedere le cessioni dei migliori calciatori – ha inclinato notevolmente il rapporto con il presidente.
La frase per eccellenza che riscosse tanto entusiasmo tra i tifosi fu proprio dopo il suo acquisto del club:

“Voglio vincere lo scudetto con la Roma entro cinque anni, come fatto con i Boston Celtics”

Peccato però che i cinque anni sono abbondantemente passati ma non si è vista l’ombra né di uno scudetto né tanto meno un altro trofeo.

Nell’era Pallotta la Roma ha affrontato una finale di Coppa Italia persa amaramente proprio contro gli acerrimi cugini della Lazio il 26 maggio 2013. E’ arrivata tre volte al secondo posto in classifica dove nell’annata 2016-2017 raggiunse un grande record con 87 punti (4 in meno della Juventus che vinse lo scudetto) e ben 90 gol fatti con alla guida Luciano Spalletti. 

I tifosi non potranno però di certo dimenticare l’incredibile rimonta del 10 aprile 2018 contro il Barcellona nei quarti di finale di Champions League.
Un’emozione talmente forte da essere ricordata come l’impresa più grande stabilita dalla Roma. Sconfitta all’andata in Spagna per 4-1, riuscì clamorosamente a battere i pretendenti al titolo con una rimonta di 3-0.

Ancora adesso è nitido il ricordo di quel colpo di testa nei minuti finali della partita e della corsa di Kostas Manolas sotto la tribuna quasi incredulo su ciò che erano riusciti a fare.

Pallotta era un maestro nelle plusvalenze – era il suo pane quotidiano per mandare avanti la società – assetato di business e marketing e con un unico e solo sogno: lo stadio di proprietà.
E’ riuscito ad esportare  e a far crescere notevolmente il brand della Roma in tutto il mondo tra tournée estive negli Stati Uniti e marketing internazionale.
Dal 2012 ad oggi è stato in grado di far incassare al club 500 milioni in plusvalenze comprando calciatori a poco prezzo per poi ricavarne tantissimi milioni dalle loro cessioni.

Cessioni che hanno fatto storcere tantissimo il naso ai tifosi romanisti a tal punto da volerlo fuori da Roma il prima possibile.

Il presidente, dal canto suo, non ha mai fatto nulla per farsi voler bene dalla piazza perchè – oltre alle continue cessioni illustri che non hanno permesso mai di fare il famoso “salto di qualità” e vincere finalmente qualcosa – è totalmente assente da Roma.

Striscione contro Pallotta
Twitter Pagine Romaniste

La sua ultima presenza – infatti – risale al 2018, paradossale per un presidente di un club, lo dimostra il presidente Steven Zhang dell’Inter, anch’egli molto distante geograficamente parlando eppure sempre presente a Milano e sugli spalti dedicandosi completamente al suo club.

Altro passo falso di Pallotta molto sentito dalla tifoseria resta sicuramente il cosiddetto processo di “deromanizzazione” in cui sono stati fatti letteralmente fuori sia Francesco Totti sia Daniele De Rossi.
Il primo, ritiratosi dal calcio giocato il 28 maggio 2017 è rimasto poi alla Roma come dirigente fino a questa estate in cui ha deciso di dimettersi dal suo ruolo.
Il secondo, portato a scadenza di contratto questa estate e trattato come l’ultimo degli arrivati, ha proseguito poi la sua carriera fino ad ora al Boca Juniors per poi anch’egli ritirarsi dal calcio giocato.

Poi il turno di Alessandro Florenzi, erede della fascia da capitano lasciata da De Rossi e  fuori dal progetto del nuovo tecnico Paulo Fonseca.

L’ultimo rimpianto di Pallotta sarà sicuramente quello di non essere riuscito a costruire lo stadio di proprietà. I continui intoppi burocratici e architettonici della mastodontica struttura che avrebbe ospitato lo stadio della Roma e una serie di negozi, ha sempre trovato bastoni tra le ruote tra problemi di viabilità, di realizzazione e di posizione.
L’iter forse è quasi in procinto di sbloccarsi ma a questo punto ne beneficerà il prossimo presidente a meno che lui non voglia cambiare tutte le carte in tavola e proporre uno stadio diverso sia strutturalmente ma soprattutto cambiando la posizione geografica.

Molto probabilmente James Pallotta non mancherà a nessuno, con la speranza che il nuovo presidente possa finalmente portare quei trofei e quello stadio tanto ambito e proclamato da tutti i giallorossi.

Raffaella De Macina
Foto copertina: Pinkroma.it