Con il pareggio all’Olimpico arriva per la Juventus il settimo scudetto di fila: un record unico, assoluto che giunge a conclusione di una stagione combattuta, sofferta ma voluta… fino alla fine

                                 “Sappiamo gioire, sappiamo soffrire… Noi siamo la gente della Juve”

Sono quasi le undici di sera del 13 maggio, quando Tagliavento fischia la fine di Roma-Juventus, assegnando ufficialmente alla Juventus il titolo di Campione d’Italia per la settima volta consecutiva. Il settimo Scudetto, il Sigillo che consegna questa squadra – dopo la storia e la leggenda –  al mondo dorato del Mito.

Forse le generazioni future si renderanno conto, meglio di noi, che in questi anni la Vecchia Signora ha scritto a caratteri cubitali nelle pagine del Libro del Calcio italiano. Forse noi non ci riusciamo ancora mentre siamo qui a guardare le immagini,  nel tentativo di riavvolgere il nastro e di ricordare tutti i momenti salienti (ma sono tanti, troppi)  di questi incredibili sette anni.

Questo titolo arriva al termine di nove mesi in cui vincerlo era tutto fuorché scontato. L’impegnativa stagione precedente, le ferite ancora sanguinanti di Cardiff, gli addii importanti hanno trovato a agosto una Signora leggermente provata,  con più rivali pronte a azzannarla alla gola. Anche l’introduzione del Var pareva essere un ulteriore mezzo per interrompere un predominio durato per ben sei anni. I media, l’opinione comune, persino i grandi ex erano pronti a giurare che fosse arrivato il momento che la Juventus abdicasse.

Il Napoli tra tutte è stata l’antagonista più coriacea: ha corso, giocato, quasi costretto in alcuni momenti la Juve a fare altrettanto. Un testa a testa durato per mesi, mentre i partenopei rinunciavano anche alle Coppe pur di conservare energie preziose. Non la Juve, no: perchè se ti chiami Juventus sai che non puoi lasciare nulla, proprio nulla di intentato. E il campionato è andato avanti tra polemiche e fazioni opposte,  con la solita Italia antijuventina a sperare che prima o poi arrivasse il passo falso.

C’è stato un punto cruciale –  durato tutto il mese di aprile –  in cui la Signora stanca, provata, lacerata dall’ennesima ferita in Champions ha dato l’impressione di mollare. Il pari di Crotone e la sconfitta interna contro il Napoli sono sembrati veramente il testamento di un gruppo oramai pronto a cedere le armi. Senonché, quegli undici ragazzi pur nella fatica, nella confusione del momento hanno lasciato che al posto loro parlasse la maglia. Quella stessa maglia dei sei anni precedenti, delle 35 stagioni già conquistate, di tutte le vittorie che anno dopo anno sono trasmigrate  nel DNA di questa squadra e ne hanno fatto una bestia,  che non muore letteralmente mai. Un drago a sette teste: sette, come i titoli conquistati dal 2012 a oggi.

 

Quei ragazzi oggi sono qui davanti a noi, con ago e filo a cucirsi nuovamente lo scudo sul petto: sono  riflessi nelle lacrime di Barzagli, nella compostezza di Marchisio, nella grinta di Costa, nell’euforia incontenibile di Dybala. Vecchi e giovani, ieri e oggi: Lichtsteiner e Bernardeschi hanno lo stesso identico sguardo di gioia, epppure uno ha appena iniziato la sua avventura, l’altro la saluterà nel giro di una settimana.

Guardiamoli bene questi volti, perché hanno fatto la storia. Guardiamoli ancora per oggi.

Domani arriverà il tempo di voltare pagina e di puntare a altre vittorie: oggi, però, è in atto la Comtemplazione del Mito.

Daniela Russo