Nell’antica tragedia greca, la Hybris è un ingrediente che non manca praticamente mai.

Un estremo atto di superbia umana che finisce con il danneggiare sia la vittima, sia lo stesso carnefice incapace di accettare i propri limiti e generando così una vera e propria catastrofe.

Parlare di catastrofi nel mondo del calcio è parola grossa: eppure Antonio Conte – ancora una volta, ancora in un’altra squadra – mi sembra incarnare ad hoc questo fattore tipo dei classici letterari.

Conte
Fonte Immagine La Uefa Twitter

Di Conte allenatore molte cose sono assolutamente evidenti.

Il tecnico pugliese ha idee – oserei dire dogmiintaccabili che hanno lo straordinario pregio di attecchire subito. Lo si è visto, parlando del nostro campionato, alla Juventus così come all’Inter già dalle primissime giornate.

La frase ricorrente è stata:

Si vede già la mano di Conte.

In tutte le rose a sua disposizione, Conte sceglie – con un criterio che a noi risulta incomprensibile quando preferisce, ad esempio, Gagliardini al ben più dotato Eriksen – i suoi uomini. E quegli uomini – che sono appunto suoi – non devono mancare.

Sono suoi dal momento in cui ne arriva a possedere quella parte più profonda del giocatore e dell’uomo fin quasi a stabilire una connessione oserei dire  religiosa.

E questi uomini – che sono la materializzazione in campo del suo credo –  diventano imprescindibili come lo è la sua idea di calcio, che non può fare a meno di certe scelte e che diventa, dicevamo, dogmatica.

Antonio Conte non sa – o non vuole – andare oltre questi dogmi, malgrado gli evidenti limiti che gli stessi presentano, che lo costringono talvolta a rimbalzare contro un muro di gomma: ma ammettere la presenza dei limiti sarebbe rinnegare il suo eccesso di fede, la sua Hybris, appunto.

Questo suo modus operandi si nota ancor di più – ancor più rapidamente – nei rapporti con le società con le quali ha lavorato. Ricordiamo i tre anni alla Juventus – con un finale che tutti noi ricordiamo -, i due in Inghilterra ( e anche lì), fino a arrivare all’Inter con la quale gli stracci sembrano dover volare già alla fine del primo anno.

Conte impone e non solo ai suoi giocatori.

Il suo volere è arrivare a piegare anche chi sta sopra di lui, chi lo ha assoldato dandogli sì piena fiducia, ma restando comunque al di sopra.

Non faccio marcia indietro.

Proprio come l’eroe della tragedia, Antonio Conte prosegue inesorabilmente per la sua strada avvicinandosi vorticosamente al ciglio di un pericoloso burrone, tutte le volte. Non vede il limite, ma solo la sua strada dalla quale non torna mai indietro. 

Conte UEL
Fonte Immagine Twitter

Fino a oggi le conseguenze di questo suo testardo atteggiamento sono state mitigate comunque da vittorie che hanno arricchito il suo palmares ma paradossalmente lo hanno danneggiato, perché i suoi eccessi si sono incancreniti e autoalimentati proprio nutrendosi di successi.

C’è da chiedersi, dopo questa esperienza all’ Inter – che a oggi esiste ancora – quale piega prenderanno gli eventi.

Perché le conseguenze della Hybris, ricordiamolo, sono sempre catastrofiche. 

Anche se parlare di catastrofi nel mondo del calcio è sempre una parola grossa. 

 

Daniela Russo