Con il gol contro l’Inter che ha consegnato ai partenopei la finale di Coppa Italia contro la Juventus, Dries Mertens, il folletto belga, entra nella storia del club come marcatore più prolifico

Ci sono voluti quasi cento giorni: un tempo non facilmente quantificabile e tollerabile per chi si nutre quotidianamente di calcio, sopportare uno stop totale causa pandemia e vivere solo di amarcord, e di speranze spesso disilluse di tornare ad alimentare una passione mai doma per il divin pallone.

Tre mesi in cui si è studiato e valutato di tutto pur di provare a far ripartire il calcio giocato e le competizioni più imporanti nel nostro paese.

Con la testa si è rimasti ai primi di marzo, a quell’incertezza mista ad incredulità per la “botta esagerata” (per dirla alla Salemme) di un’interruzione generale del calcio e di tutto lo sport in generale.

Ora che tutto è stato coraggiosamente rimesso in moto dai vertici del calcio italiano, le prime partite sono state quelle atte ad assegnare un trofeo troppo spesso sottovalutato negli ultimi anni: ma che in realtà gode non solo di buona salute ancora, ma rappresenta un lasciapassare notevole per le squadre che hanno mire espansionistiche a livello europeo.

Il match di venerdì tra Juventus e Milan, la prima delle due semifinali di ritorno, diciamolo, è stato di una lentezza e di una noia agghiaccianti.

Il risultato dell’andata, favorevole ai bianconeri, non ha permesso di regalare emozioni forti ed ha qualificato gli stessi alla finale del 17 giugno a Roma.

Finale che disputeranno contro il Napoli, seconda finalista, che ha battuto l’Inter col risultato totale di 2-1 partendo avvantaggiata di un gol, peraltro fuori casa.

E’ il caso di dire che tanto tuonò che piovve, perché chi ha di fatto staccato il biglietto per l’Olimpico per tutta la squadra è stato Dries “Ciro” Mertens.

Mertens
Immagine Twitter Napoletanissimo

Tanto ha tuonato il piccolo grande belga, che alla fine quell’agognato 122esimo gol è arrivato. Permettendogli non solo di far aggiudicare la finale di Coppa Italia al Napoli ma di entrare dritto dritto nella storia del club.

Un gol benedetto, salvifico, dopo il vantaggio dei nerazzurri nei primissimi minuti di gioco, complice anche più di una disattenzione da parte della difesa azzurra.

Quella di sabato è stata sicuramente una partita più spumeggiante rispetto alla prima semifinale. L’Inter ha lottato mettendo in difficoltà più volte il Napoli, che però ha saputo rialzarsi e mettere il sigillo sulla finale di Coppa Italia.

Un motivo di vanto e di orgoglio dopo una stagione costellata nella prima fase da pochi alti, molti bassi, quell’ormai celebre ammutinamento, il cambio di allenatore, la pandemia e chi più ne ha, più ne metta.

Indiscusso protagonista di ogni fase bella e brutta della stagione, LUI, Dries.

Lo straniero più napoletano che ci sia – quello a cui perdoni tutto se ti fa un sorriso con quella faccia da simpatica canaglia – quello dei gol spettacolari e risolutivi, quello delle esultanze originali.

Quello stesso che a Napoli è amatissimo anche per la filantropia da cui è amorevolmente “affetto”, dimostrata in tantissime occasioni nell’arco di questi sette anni all’ombra del Vesuvio.

Si è parlato tanto di suoi probabili addii ogni fine stagione.

A questo giro, che corrisponde alla scadenza naturale del suo contratto, è stato accostato proprio all’Inter ma gli indizi sembrano tutti dalla parte di Partenope e di una sua permanenza a vita nel Napoli.

I tifosi sperano, lo amano, gridano il suo nome con un sorriso costantemente stampato sul volto: consapevoli che sì, gli uomini passano e solo la maglia resta, ma è pur vero che ad indossare quella maglia sono uomini.

Uomini che a volte riescono a far breccia nel cuore della gente e a trasformarsi in qualcuno di famiglia, un amico, una costante, uno quasi indispensabile, insomma.

Questo vale anche per Ciro, o Dries che dir si voglia, che sabato ha messo il SUO sigillo non solo sulla partita ma praticamente su un’intera stagione, almeno considerandola fino ad ora e su tutta la sua strepitosa carriera.

I tifosi ricorderanno questa partita per la loro assenza forzata, per quella dottoressa con la mano sul petto, in campo prima del fischio d’inizio. Per la commozione di Mister Gattuso e quel bacio spedito al cielo alla sua Francesca, per Dries e il suo record personale siglato in una realtà calcistica che ama incondizionatamente ogni suo figlio.

Se poi è uno col sorriso di Mertens, allora tutto è più facile.

Simona Cannaò