Ciak, si gira. Il nuovo film della Champions per la Juventus comincerà in quel di Valencia, in casa degli spagnoli al Mestalla: ex casa di  João Cancelo e stadio di conosciuto calore, per la presenza di tifosi che amano stare vicini alla loro squadra.

Un’avversaria che sulla carta potrebbe ingannevolmente sembrare agevole, ma che in realtà va trattata con il dovuto rispetto. Sebbene manchi dal grande palcoscenico europeo da tre stagioni, il Valencia vi arriva dopo un’annata in cui è stato totalmente rigenerato grazie al tecnico che tutti conoscono ormai come Marcelino.

Valencia CF’s head coach Marcelino Garcia Toral speaks during a press conference held after the team’s training session at sport complex in Valencia, eastern Spain, 18 September 2017. Valencia CF will face Malaga in a Spanish Liga Primera Division soccer match on 19 September 2017. EFE/Kai Foersterling

Marcelino Garcìa Toral cresce come giocatore nel vivaio dello Sporting Gijón quale centrocampista dalla spiccata intelligenza: sfortunatamente, causa i continui guai fisici, la sua attività agonistica si chiude a soli 28 anni.
Soltanto tre anni dopo è già allenatore, arrivando poi in prima squadra allo Sporting nel 2004/05.
Tecnico giovane e intraprendente pertanto, quello di cui sostanzialmente avevano bisogno i giallorossi di Spagna, dopo svariati campionati al di sotto delle loro aspettative e numerosi problemi anche dirigenziali e oggi approdati in Champions con un quarto posto a soli tre punti dal Real Madrid.

Spazio alla creatività e alla tecnica

Il presupposto fondamentale per Marcelino è utilizzare tutti i calciatori in rosa dotati di capacità creative, per tale motivo rinnega i moduli ‘moderni’ (come il 433) per rispolverare un 442 più classico che però gli consente di superare qualsiasi equivoco tattico e inserire tutti i profili  possibili. Inoltre l’impostazione del tecnico asturiano è tale da interpretare attivamente anche la fase difensiva, anche se può costare affidabilità nelle retrovie: la sua propensione alla verticalizzazione lo spingerebbe sempre a prediligere due punte mobili, pronte a fronteggiare i difensori centrali avversari.

Il ‘Metodo Marcelino’

Una sorta di tiranno, di maniaco del controllo che non lascia nulla al caso: così il mister ha risposto all’anarchia che regnava al Valencia e che aveva costretto addirittura Cesare Prandelli a andare a cercare personalmente i giocatori che non si erano presentati in campo.

Fiscalissimo sull’alimentazione, chiunque sgarri fuori dal campo con alcool o quant’ altro viene punito: un regime da ‘sette chili in sette giorni’ diventato in fretta lo spauracchio dei giocatori, specie quelli che non amano i cereali integrali di cui Marcelino si serve nel regime alimentare in maniera assoluta. Fa pensare la similitudine con Antonio Conte, allo stesso modo autore di una rivoluzione nella dieta dei bianconeri: anche il tecnico pugliese aveva stabilito per i suoi regole ferree a tavola e relative multe per chi avesse trasgredito i limiti imposti dal suo nutrizionista di fiducia. E proprio come Conte il mister dei giallorossi chiede ai suoi di remare in una univoca direzione, pretendendo molto ma dando anche sicurezza e chiarezza in ogni momento.

Il recupero di Parejo come esempio di ‘human factor’

Daniel Parejo, classe 1989, capitano del Valencia.

All’arrivo di Marcelino inserito nella lista delle cessioni: indolente, sfaticato, in rotta con i tifosi e dedito alla vita notturna, tutto faceva di lui uno da sloggiare altrove al più presto. Invece il neo allenatore fa l’esatto contrario: lo blocca, lo rinomina Capitano, decide di investire su di lui e di farne il centro, il punto di riferimento del suo progetto: ne esce fuori un regista di tutto rispetto, che ha il compito di effettuare il primo passaggio dando significato agli attacchi dei valenciani con la responsabilità basilare di puntare sempre alla velocizzazione del gioco.

“Il fattore umano è molto importante, perché il solo talento non garantisce un buon rendimento: è un elemento, ma non è l’unico”

Una filosofia importantissima che evidenzia quanto sia importante, addirittura risolutivo talvolta, l’approccio psicologico (il ‘fattore umano’, appunto) per una determinata categoria di giocatori. L’intervento giusto al momento giusto del mister può diventare ago della bilancia nella carriera di un professionista in difficoltà, che pur dotato di talento magari resta soffocato da una serie di componenti che impediscono a quello stesso talento di essere decisivo.

(immagine Getty)

E’ evidente che il profilo del mister asturiano così essenziale, quasi dittatoriale e poco avvezzo alla comunicazione mediatica si distacca oltremodo da quello di Allegri, e non soltanto per quel che concerne l’organizzazione tattica della squadra. Non ci resta che vedere quale sarà lo spettacolo offertoci da Valencia-Juventus, in una sfida italo-ispanica che spesso si presenta nella storia a gironi della Champions League.

 

Daniela Russo