Sono passate solo poche settimane da quando Matthijs de Ligt si è espresso circa il suo futuro.

Il difensore olandese, reduce da una buona stagione pur nell’anonimato dell’annata bianconera, sarebbe in fase di rinnovo.

Con molta onestà si è dichiarato disposto a trattare una permanenza solo se la Juventus – come è giusto che sia – gli presenta un progetto ambizioso.

Già, perché se c’è una cosa che non si può negare, e che mi ha sempre colpito del gigante d’Olanda, è la sua effettiva ambizione.

Ricorderemo tutti il video il cui con orgoglio – e la fascia di un giovanissimo capitano al braccio – esaltava, davanti al pubblico dei Lancieri, la stagione del suo Ajax. Ma l’indole votata al successo di Matthijs de Ligt si percepisce in tutta la sua persona.

Non ricordo alcun giovane di appena vent’anni affrontare con estrema sicurezza una conferenza stampa  come fece lui nel 2019, quando la Juventus lo presentò ufficialmente a Torino.

A dire il vero questa cosa è balzata ancor di più agli occhi durante tutta la scorsa stagione bianconera, visto che più d’una volta il difensore ha parlato ai microfoni per sottolineare come il rendimento della squadra fosse al di sotto delle aspettative.

Non solo. Quando Massimiliano Allegri ha discusso (più volte) dei giovani e della relativa mancanza di esperienza lui ha tenuto a precisare:

“Io sono giovane, ma ho già giocato 250 partite tra i professionisti”.

Insomma, Matthijs de Ligt si presenta da sempre maturo, intelligente e consapevole, del suo valore e delle sue scelte. Quando ha scelto la Juventus la squadra di Torino ( grazie all’appeal Ronaldo) si presentava allettante per un giovane che volesse fare un salto di qualità.

La stessa Juve, con il suo acquisto – che molto sapeva di investimento – sembrava volersi assicurare il più forte talento difensivo in circolazione per farlo crescere in casa e magari portarlo al Pallone d’Oro ( cosa più volte accaduta in passato).

A oggi, analizzando un complesso d’insieme, dobbiamo tristemente ammettere che questo progetto non è andato a buon fine e che rischia invece di assumere i contorni di un fallimento.

Le discussioni circa il rinnovo dell’olandese, il nodo-clausola: tutto lascia presagire un raffreddamento nei rapporti tra il giovane e la società. Raffreddamento  che potrebbe condurre anche a una prematura separazione.

La crescita di de Ligt, a livello personale – oggettivamente – non c’è stata: Matthijs si è barcamenato tra alti e bassi per tre annate in cui ha cambiato altrettanti allenatori e di cui solo Sarri sembrava aver compreso le sue necessità.

Massimiliano Allegri, in alcune partite chiave stagionali, lo ha relegato in panchina pur di affidarsi alla vecchia guardia difensiva. Ma anche quando lo ha schierato, abbiamo potuto tutti notare quanto per il centrale sia complicato digerire la tattica del mister.

Matthijs, cresciuto in un altro clima, mal si presta alla concezione difensiva allegriana. In molte interviste ha parlato di migliorare il possesso della palla e la costruzione del gioco. Lui stesso ama partecipare alla fase offensiva e lo abbiamo notato quando militava all’Ajax.

La mentalità tattica di De Ligt è certamente di ampio respiro e molto più “europea” di quella dell’allenatore di Livorno. Inutile negare che in questo contesto le qualità dell’olandese fatichino a venir fuori.

Altrettanto inutile negare che Matthijs de Ligt non possa essere contento del suo bilancio alla Juve.

Del resto la stessa società dal suo arrivo ha smesso di crescere disattendendo le aspettative di tutti, giocatori compresi. Le ultime due annate della Vecchia Signora sono state confuse, spesso in balia degli eventi, tra le scelte – difficili da capire – della dirigenza.

Oggi la Juventus ha un volto enigmatico da definire, così come  il suo progetto (se di tale possiamo parlare). Le dichiarazioni della triade manageriale sono controverse e si contraddicono, a volte,  le une con le altre.

La squadra è reduce da un anno in cui ha salutato tre figure importantissime (Ronaldo, Chiellini, Dybala) e per il futuro non offre ancora alcuna certezza.

In tutto ciò, come non comprendere le perplessità di De Ligt?

Chi al suo posto, presentato da anni come predestinato a essere il migliore al mondo nel suo ruolo, non si farebbe qualche domanda?

Sento molti tifosi dire con estrema facilità: ma sì, che vada, al suo posto, con i soldi guadagnati dalla sua vendita, prendiamo altri. E su questo non ci piove. Ma un grande club (leggi Real Madrid) di solito si coccola i suoi migliori (invece di continuare a sbarazzarsene).

Una cosa che balza agli occhi è quanto si sia ridimensionato in poco tempo il fascino della Juventus agli occhi dei giocatori di altri club europei. Soprattutto dei giocatori che pesano e che contano, a volte più della squadra stessa.

Non è certo un bene, anzi.

Se la Juventus dovesse perdere anche De Ligt a breve, la sconfitta sarebbe clamorosa.

E a quelli che ricercano in tutto ciò le responsabilità del ragazzo vorrei dire: sicuramente ci sono, ma poche, poche poche.

E lui, fidatevi, è uno che le sue reponsabilità se le sa ben assumere.

Per cui almeno stavolta eviterei di sbandierare troppi vessilli a difesa dell’ “impeccabile dirigenza”. Perché gli errori fuori dal margine concesso, oggi, cominciano a essere tanti.

 

Daniela Russo