La disfatta contro la Macedonia del Nord sta ponendo svariati interrogativi non solo sulla rosa messa in campo da Mancini ma su tutta la gestione del carrozzone calcistico del Bel Paese.
Da dove ripartire?

È successo di nuovo. È successo davvero e fa nuovamente male, come la volta passata e forse più della volta passata.

Sì, perché la “botta” a questo giro arriva dopo la gioia per la vittoria di quegli Europei attesa per troppi anni.

Un’illusione, quella di essere tornati e tornati soprattutto grandi.

E dopo il sogno, l’incubo si pensa che abbia avuto le fattezze della Macedonia del Nord quando invece, diciamolo, ad incontrare la Macedonia del Nord la Nazionale non avrebbe dovuto nemmeno arrivarci.

Il non superamento del girone di qualificazione, quello è stato a suo tempo, un campanello d’allarme a cui non si è dato il giusto peso.

Fatto sta che la Nazionale campione d’Europa passerà il mese mondiale “all’italiana”, preparandosi forse per il classico Natale e guardando nuovamente le partite in tv.

E da giorni ormai si sprecano elucubrazioni mentali su chi e cosa abbia la responsabilità di questa Waterloo calcistica.

Giocatori e chi gravita intorno a loro?
Allenatore?
Vertici del calcio italiano?
Chi ha caricato di aspettative questa compagine, presumibilmente falsando una narrazione che poi si è rivelata tutta diversa?

Sì, un po’ tutti.

Le colpe vanno divise e condivise, senza girarci attorno.

– Un campionato mediocre o poco competitivo rispetto ad esempio, a La Liga, alla Premier League o alla Bundesliga? (No, la Ligue 1no, per favore! La c’è solo il PSG)
– I “quasi” talenti non guidati nella definitiva consacrazione?
– I “già” talenti imbarcati verso lidi stranieri, troppo spesso spinti da procuratori che definire “senza scrupoli” equivale a fare loro un encomio?
– I vertici del calcio che non riescono a trovare un equilibrio tra le società sportive e la Nazionale?

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Una bella… Macedonia di danni, è proprio il caso di dirlo.

E non bastano le eventuali dimissioni di chi si sente responsabile del disastro.

La rifondazione urge, bussa, chiama, urla, scalpita ma non arriva.
Perché?

Perché la Nazionale fa comodo nelle occasioni in cui rende, al netto degli stop durante la stagione calcistica (che fanno storcere il naso a molti).

Gli Azzurri servono ad unire il Paese, ad usare l’inno di Mameli come motivatore e collante del Nord col centro e col Sud.

E poi? Eh, e poi vi attaccate, signori miei.
La barca la ripariamo forse ma non la cambiamo.

Sostituiamo qualche pezzo, magari qualche rappezzo qua e là ma nulla più…
Non possiamo permetterci altro, così è se vi pare.

E allora giù di delusioni, di qualche accennato psicodramma, di quella retorica scocciante de “Le nuove generazioni non sanno cosa voglia dire vedere la propria nazionale di calcio partecipare al Mondiale”, etc etc…

Vi piace la retorica?
A noi no.

I fatti signori, i restyling veri e non solo delle facciate col bonus del 110%.
Grazie.

Forse questo si aspettano le nuove generazioni e anche quelle “vecchie”.

Certe vittorie si costruiscono pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. Mica sono “fiaschi che si abboffano”, come diceva il grande Totò vestito da Lola in Totò truffa ’62!?!

A lavoro, lor signori, giocatori, dirigenti, allenatori

Il tempo corre e la pazienza e la passione hanno, sotto sotto, una data di scadenza.

Simona Cannaò