L’orgoglio e l’anima dei giallorossi alla base della qualificazione ai quarti

Euforia? Forse troppa. Prudenza? Forse troppa. Risultato finale? Esagerato.
La Roma accede ai quarti di finale tra speranza e rassegnazione senza troppe illusioni, gestendo con grande impegno una squadra piuttosto organizzata ma visibilmente meno tattica. Eusebio Di Francesco, è riuscito dove altri hanno fallito, conquistando il quarto, quarto di finale nella storia della Roma, superando allenatori come Spalletti e Garcia, mettendosi sullo stesso piano di Allegri, Guardiola, Klopp, Zidane e Montella che, con il Siviglia è riuscito a prendersi una bella rivincita.

A tradire gli uomini di Fonseca, la sicurezza di difendere un risultato già parzialmente acquisito, sfruttando le ripartenze in velocità ed il palleggio, per tenere impegnata la squadra italiana.

fonte fotografica Eurosport

Prova di coraggio per la Roma, grande maturità e discreta concentrazione. I meriti giallorossi sono da ricercare tutti nel gruppo, un 4-3-3 stavolta azzeccatissimo, difesa quasi perfetta, con Florenzi e Fazio che sporcano un po’ la prestazione nei minuti iniziali -brividi sulla schiena giusto per mettere un po’ di brio da subito-, con un Alisson che si è dovuto invece rimettere i guanti di fretta solo sul finale.

Girano bene gli ingranaggi e le intese. Fuori Juan Jesus e Peres (lassù qualcuno ci ama…), dentro Manolas, Fazio e Florenzi, speculare ad un Kolarov che questa sera illumina il corridoio di sinistra come una lanterna (giocate precise, assist e cross da almanacco, copertura pulita), un lavorone che raccoglie anche Perotti –un po’ spento nel primo tempo ma assolutamente rinvigorito dalla pausa negli spogliatoi-: con Dzeko l’argentino scuote la squadra imponendo tempi e ritmi anche al centrocampo, dove -ma già da qualche giornata- sembra recuperare terreno anche Strootman che ringhia e ruba palloni con l’aggressività giusta, riportando sulla Terra più di un ucraino con velleità belliche. Dello stesso avviso anche De Rossi: buona l’alternanza in difesa che modificava spesso lo schema creando superiorità numerica.

Un primo tempo di copertura, giocato calcolando i passi e le palle giocate, sfruttando le intuizioni dei singoli, i grandi recuperi di Dzeko, necessario ed efficace su tutto il campo e le sovrapposizioni, ancora una volta di Kolarov e Perotti. Il serbo, come già detto, si conferma un’arma potentissima: è suo il cross basso verso Dzeko, miracolosamente intercettato da Pyatov, che ha fatto alzare tutti dal divano nel primo tempo. Partita cerebrale più che noiosa nella prima frazione di gioco, la Roma studia l’avversario, memorizza i punti deboli e sistema il reparto difensivo, cerca di non lasciare al caso nemmeno il contropiede avversario, chiude e anticipa, non diventa ansiosa ma preferisce respirare, medita e riflette e nel secondo tempo si cambia d’abito (almeno fino all’80’…mai che finissimo una partita così, senza xanax) e comincia a tirare fuori le unghie ed i denti (pare che il ghigno di Strootman da solo non bastasse).

fonte fotografica da Forzaroma.info

 

Fonseca accorcia la squadra mandando spesso in fuorigioco gli uomini di Di Francesco. La squadra cerca lo spunto ed al 52′ arriva prepotente il gol di Dzeko. Lo Shaktar crolla, psicologicamente e fisicamente, concede molti più spazi alla Roma cercando l’azione che possa riportarli ad un risultato più sicuro, ma l’agitazione genera nervosismo, ed il nervosismo aggressività: ne esce un fallo su Dzeko involato verso la porta avversaria che costringe il direttore di gara al cartellino rosso. Qualche ingenuità di troppo, un Nainggolan sulle gambe non regala alla Roma il gol della sicurezza, ma, stavolta, c’è da dirlo: il gioco di squadra sembra aver funzionato in concerto.

La Roma ha realmente sbagliato molto poco, ma, per il timore di interpretare male la partita, non si è lasciata andare come avrebbe dovuto, rischiando parecchio contro una squadra che, in dieci, avrebbe potuto fare molto male.

La parola d’ordine è : “in guardia”, non si deve mollare di un centimetro, ma occorre più sicurezza in tutti i reparti.
L’ironia dello spogliatoio a fine partita, dopo lo splendido risultato ottenuto, è tutta per il “magico” piede di Bruno Peres che, all’andata decise inconsciamente le sorti della Roma, evitando quel 3-1 che stasera avrebbe reso vana la vittoria giallorossa…
Si gioisce, si gioca, si scherza ma alla fine si torna seri: venerdì l’urna sceglierà l’avversaria della Roma e ci attrezzeremo per altri miracoli.

Laura Tarani

*immagine copertina da Blitz Quotdiano