“Da oggi sono un giocatore della Juve e non ho più punti deboli”: alzi la mano chi non ha adorato Wojciech Szczesny quando gli ha sentito pronunciare queste poche ma incisive parole.

Un portiere arrivato in bianconero con lo scomodo, scomodissimo compito di sostituire Gianluigi Buffon tra i pali delle retrovie bianconere e nell’immaginario collettivo dei tifosi di Madama. Lui non è mai sembrato né preoccupato, né scosso: anzi.

Chiamato nel dicembre del 2017 a sostituire SuperGigi infortunato, riuscì nell’arco di trenta giorni a diventare il MVP dell’ultimo mese dell’anno per la Vecchia Signora. Una serie di interventi decisivi e spettacolari, primo tra tutti quello su Schick in Juventus-Roma che da solo valse i tre punti contro i giallorossi allo Stadium:

Un primo esame superato a pieni voti dal gigante polacco, che tuttavia durante il calciomercato estivo ha assistito all’arrivo di Mattia Perin dal Genoa, numero uno italiano e di roseo prospetto con il quale sembrava essere chiamato a giocarsi il posto di titolare tra i pali.

Il peso della tradizione

Tek – questo il nomignolo affibbiatogli dai compagni mentre per molti tifosi è, bonariamente, Codice Fiscale – non si è fatto intimorire, soprattutto dalla tradizione che vuole da sempre che il numero uno della Juventus sia di nazionalità del Bel Paese. Lui, forte della calma polacca ma anche di una innata leadership che, seppur silenziosa, si è ampiamente vista in questa stagione, ha lavorato in silenzio per ottenere quello che sperava e che voleva: il primo posto tra le retrovie bianconere. Non è stato sempre facile. 

Sicuramente alla Continassa hanno serpeggiato dei dubbi. Dopo un Mondiale non alla sua altezza – molti gli errori imputatigli – anche l’inizio dell’annata è stato sporcato da qualche responsabilità in difesa. Mettiamoci anche  che l’armonia tra il portiere e il resto del reparto difensivo nasce con il tempo e di certo non gli si potevano  chiedere gli automatismi che Buffon aveva acquisito in anni di lavoro con Bonucci e Chiellini. Qualche sbavatura c’è stata.

Lo stimolo della competizione

Sapere di non essere inamovibile, di avere Perin pronto alla finestra è stato il pungolo che ha spinto Szczesny a migliorare velocemente.  Una sicurezza acquisita di partita in partita, sfoderando anche un’ ottima capacità di neutralizzare i calci di rigore (“Mi sono fatto aiutare da Ronaldo”, confesserà poi) ma soprattutto la forza di tenere unito il reparto quando la tendenza è stata lo scollamento. Sfoderando in tal modo una personalità che non avresti mai detto guardandolo in viso, tra quei lineamenti pacati, tra quel velo di sorriso unito alla continua richiesta di concentrazione ai suoi compagni – sovente lo si vede portarsi un dito alla tempie, come a dire: “Usate la testa!”.

Szczesny
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In Champions, encomiabile

Nelle partite europee, poi, la Juventus è più volte rimasta attaccata ai suoi favolosi voli, a una reattività fuori dal comune mostrata sia nelle uscite in area piccola sia nel pazzamento tra i pali. Se la Signora ha perso con il  minimo scarto contro i Lancieri, il merito è principalmente il suo. Ben lo ha ricordato il club bianconero, con questo video di auguri per il suo ventinovesimo compleanno caduto appena qualche giorno fa:

“L’anno scorso ho giocato 21 partite e ho avuto l’opportunità di imparare da uno dei portieri migliori della storia. Ho avuto un anno a disposizione: se sono arrivato qui me lo sono guadagnato. Non arrivo dal nulla”. 

Per il lavoro fatto, per il suo apporto dentro al campo ma anche nello spogliatoio, per la sua solidità, Szczesny è con merito il faro della difesa della Juventus.

E sicuramente uno degli uomini più decisivi – se non il più decisivo – di questa stagione.

La tradizione  può tranquillamente aspettare.

 

Daniela Russo