“Il bel gioco“, cosa significherà mai?
A volte è una definizione fine a sé stessa, perchè come dicono ‘i concreti’, “con il bel gioco non sempre si vince“.
Eppure, già nel termine ‘gioco’, dovrebbe essere implicito, l’accostamento al bello o comunque a qualcosa di piacevole, emozionante.
Ma, se il mondo si divide tra concreti ed esteti, poco importa, certo è che da oggi, per definire “bel gioco” (se per bel gioco si intende una proposta di gioco fatta di possesso palla, sincronismi perfetti e fraseggi sorprendenti) si può utilizzare il termine “sarrismo“.
A sancire il tutto è stata la stessa Treccani che sul proprio profilo Twitter ha ufficilaizza tol’ingresso tra i propri neologismi della parola “Sarrismo“, termine coniato per definire la spettacolare filosofia di gioco dell’allenatore ex Napoli.
Cosa è questo ‘sarrismo’?
Sarrismo è anticonformismo, è rifiuto della forma, schiettezza, è diniego del contorno a favore della ricerca di un calcio che si fondi prima di tutto sul valore estetico.
Calcio è divertimento, calcio è regalare emozioni, calcio è gioco quindi Sarri (e il Sarrismo)
non si cura dell’immagine, non pesa temini e parole, non contempla l’aspetto mediatico, a lui (e a questa filosofia) interessa il campo: è lì che deve esserci il bello, è lì che si deve saper parlare, è lì che l’immagine conta – nell’approccio alle gare, in un gesto tecnico, in una esultanza-.
Il tempo impiegato da altri a farsi la barba, o il nodo alla cravatta lui lo impiega sul campo per creare un’ossatura di principi ben definiti: controllo del campo e del pallone, baricentro alto, difesa attenta alla palla prima che all’uomo, fluidità nel cambiare il versante d’attacco.
Il Sarrismo è Trasgressione. È indossare una tuta stropicciata, mordicchiare nervosamente il filtro di una sigaretta, è non essere democristiani, è un “cazzo” pronunciato senza remore, il ripudio della cultura dell’apparire, l’esaltazione della pura essenza.
Il Sarrismo è Perfezione.
È Koulibaly che cancella dal vocabolario il verbo “spazzare”, è Jorginho che sa sempre cosa fare, è un lampo di genio di Mertens, una verticalizzazione di Insigne, un taglio di Callejon che ti aspetti ma non riesci a prevenire.
È uno schema su calcio piazzato, è la linea a quattro di difesa che si muove all’unisono, una triangolazione che lascia basiti, una sinfonia che apre e chiude le maglie avversarie come fossero il mantice di una fisarmonica.
Il Sarrismo è Rivoluzione, vento di cambiamento, è l’idea di costruire un nuovo calcio sulla completa e ben visibile rovina del vecchio.
Il Sarrismo è una filosofia di vita, la ricerca ostinata della Bellezza.
È anteporre il percorso al traguardo, il gioco al risultato.
È guardare lontano confidando nel lavoro del collettivo, accettare il rischio dell’incompiutezza per inseguire un fine più alto, quasi trascendente.
Il Sarrismo è un sogno, che prescinde da tempo, spazio e condizioni.
Il Sarrismo è il sogno che si è imposto alle intenzioni.
Questa, del giornalista Jacopo Ottenga, forse, è la migliore definizione di Sarrismo.
Può piacere o meno, si può preferire un gioco improntato poco sulla manovra e più sul risultato o ancora si può ambire a un allenatore più elegante ma Sarri, anche se non ha un palmares pieno di trofei, ha vinto la sua piccola grande rivoluzione.
Caterina Autiero