È il protagonista indiscusso al Festival dello Sport di Trento, Roberto Baggio.

Lui, così poco è avvezzo a concedersi a telecamere e interviste, lui che vuole a tutti i costi conservare un ricordo e un immagine di un calcio diverso, differente, dove i sentimenti hanno ancora valore.

Avvolto dal calore della gente – era amatissimo da calciatore, resta amatissimo oggi – sorride, scherza ma soprattutto non nasconde mai le sue emozioni, la capacità di commuoversi davanti ai suoi stessi ricordi, con la semplicità di chi in fondo è rimasto ancora la persona  delle sue origini.

Baggio Italia Brasile
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Quando si ascolta Baggio parlare, si capisce il suo vivere ancora oggi con una serie di ferite profonde che continuano a indolenzire il suo animo sensibile. Una ce l’ha raccontata a lungo qualche mese fa: quella del rigore contro il Brasile.  

Il nodo in gola riparte allorché Roberto inizia a parlare di Firenze, del legame con la gente e con i tifosi, delle vicende complicate e dolorose che portarono al suo passaggio alla Juventus in un clima che per lui fu più d’obbligo che di volontà:

Io non avrei voluto andarmene, eppure mi sentivo colpevole per quello che stava accadendo.

La tensione, le menzogne, la cessione subìta e la guerriglia cittadina tra i Pontello e la tifoseria viola…  Fino a quella prima gara in bianconero a Firenze, dove al momento della sostituzione Roberto viene acclamato dai suoi ex supporters.

Con la genuinità e la freschezza di un ragazzo di 23 anni, che non riesce a nascondere il suo affetto, si china a raccogliere una sciarpa tirata dalla curva quasi a voler recuperare quel pezzo di sé lasciato lì qualche mese prima.

Baggio Fiorentina Juventus
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Baggio cerca di spiegare a distanza di anni quel groviglio di sentimenti: primo tra tutti la gratitudine per la maglia viola. 

La maglia che raccolse quel ragazzo a pezzi, con 220 punti di sutura nel ginocchio.

Mi sentivo in debito con quella gente, con quella città. Mi aveva accolto quando non ero nessuno, quando stavo male, con un affetto incredibile

Il Divin Codino ha tante spine sulla rosa di una carriera fantastica. La cosa bella è che non ha paura di farle vedere anche se sa che molti non le capiranno. Come non hanno capito i tifosi della Juventus, a Firenze tanti anni fa.

Una rosa tuttavia resta tale, con il suo profumo incantevole, anche se qualcuno si rifiuta di sentirlo. Baggio è questo: con la sua personalità poliedrica, la sua sensibilità, la sua riservatezza.

Appartiene solo a se stesso. Come tutti i più grandi. 

 

Daniela Russo