Si deve tornare indietro di trentadue anni per rivivere i primi passi di Claudio Ranieri come allenatore.

Era il lontano 1986 quando il Vigor Lamezia e le due stagioni successive la Puteolana lo  hanno visto sedersi in panchina, ignare, così come lui, che da lì in avanti quel giovane tecnico alle prime armi si sarebbe insediato negli spogliatoi di alcuni tra i club più famosi a livello internazionale.

La prima importante avventura il mister romano la vive con il Cagliari al primo incarico in Serie C, sino all’approdo nei due anni successivi in Serie B,  fino alla massima competizione italiana. A quel punto, dopo essersi assicurato che la squadra avesse conquistato la salvezza, nel luglio del 1991 accetta l’incarico al Napoli, pronto a ripartire dopo aver perso in squadra Maradona.

Il periodo partenopeo si chiude – dopo 56 panchine e  una qualificazione UEFA –  con l’esonero, che nel novembre 1992 lo porta lontano dalla formazione napoletana. Da lì a poco si sarebbe aperta uno dei capitoli più rilevanti nella carriera di Claudio.

Correva il luglio del 1993 quando la Fiorentina chiama Ranieri che accetta una nuova sfida e diventa per quattro stagioni l’allenatore viola. Prende le redini del club toscano in Serie B e, dopo averlo portato a concorrere per il campionato di Serie A la stagione dopo il suo arrivo, aggiunge due trofei nelle bacheche di Firenze: una Coppa Italia datata 1995/1996 e la successiva Supercoppa Italiana. Dopo essersi dati reciprocamente tutto, le strade della Fiorentina e del mister italiano si dividono ed è in quel momento che inizia la carriera europea dell’allenatore:  Valencia, Atletico Madrid e Chelsea dove collezionerà 190 panchine e l’affetto dei tifosi che ritroverà, a sua insaputa, anni dopo.

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Nel 2004 riprova l’esperienza in Liga con un ritorno al Valencia che dura, però, solo sette mesi, un antipasto del suo nuovo approdo in Italia.

La Juventus, di nuovo in Serie A dopo il caso Calciopoli, lo accoglie per due stagioni  prima dell’esonero a due giornate dal termine del campionato.

A distanza di tempo Ranieri ha raccontato come il motivo di quella separazione avesse un nome e un cognome: Fabio Cannavaro; qui si evincerà come alla figura di allenatore, Claudio Ranieri abbia anteposto sempre quella di uomo, ritenendo sbagliato far tornare a Vinovo un calciatore che, dopo la retrocessione nella serie minore, aveva deciso di andare via all’estero.

I mesi senza panchina sono comunque solo tre perchè a settembre del 2009 è la sua squadra del cuore a domandargli di tornare nella sua Capitale per allenare i giallorossi.

Claudio Ranieri, all’epoca allenatore della Roma, saluta il capitano Francesco Totti mentre esce per una sostituzione durante la partita contro il Cagliari allo stadio Olimpico di Roma, in una immagine del 22 gennaio 2011.
ANSA/ROBERTO TEDESCHI

E’ la Roma post Spalletti e c’è bisogno di un allenatore che sappia farsi amare dalla gente e riesca a portare la squadra più in alto rispetto al sesto posto della stagione precedente. Detto, fatto. La stagione 2009/2010 sarà l’anno dei due derby vinti, di una rinascita, ma sarà anche quello in cui il nome di una squadra seguirà come un’ombra il percorso della Roma. Quel nome è Inter e con questa i giallorossi si giocheranno un intero campionato e la finale di Coppa Italia. Arrivato a Trigoria per rendere la formazione competitiva, Ranieri  porta i suoi a contendersi lo scudetto, perso per soli due punti dopo avere subito in 38 gare soltanto sei ko, pareggiate  otto e avendo collezionato ben ventiquattro successi. Anche la Coppa Italia, giocata proprio all’Olimpico, vide primeggiare per 1-0 i nerazzurri con gol di Milito: alla Roma rimane il ricordo di una stagione strepitosa vissuta in ogni suo minuto, con un grande tecnico a bordo campo ad osservarla e guidarla.

Totti ha raccontato di come la scelta ricadeva tra due tecnici: Mancini e Ranieri. Una piccola “delegazione” di senatori, tra cui proprio l’ex capitano romanista, aveva riposto la preferenza nell’attuale ct azzurro ma alla fine la Sensi optò per il romano e a detta di tutti prese la decisione migliore.

Come tutte le storie, però, se non si superano le crisi si è destinati ad allontanarsi e così Ranieri opta per il divorzio nel febbraio 2011, dopo un andamento negativo con la Roma. E proprio quel club, che gli aveva negato di festeggiare scudetto e coppa Italia con la sua gente, si fa avanti e lo assume come tecnico: ma  a Milano, sponda nerazzurra, Ranieri resterà per solo 35 partite, per poi sposare nuovamente le avventure a livello internazionale.

Monacò e la Ligue 1 per due stagioni, poi le vesti di commissario tecnico della Grecia per quattro incontri, sino al capitolo più entusiasmante della sua carriera che lo ha incoronato tecnico dell’anno e portato a vincere il titolo d’Inghilterra, vivendo e facendo vivere una favola con il Leicester.

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Quelle pagine, scritte da lui e da una squadra,  rimarranno indelebili nella mente e nella storia della Premier e non soltanto. Peccato per il finale nel febbrario post vittoria del titolo, troppo ingrato per un allenatore che ha reso una cittadini protagonista del calcio moderno.

L’ultima panchina di Ranieri è quella a Nantes, terminata on una media di 1,30 a match e con una rescissione consensuale tra mister e società lo scorso maggio.

Claudio è libero professionalmente, disposto e volenteroso a sessantasei anni, compiuti proprio oggi, di mettersi ancora in gioco: un tecnico italiano dall’animo nobile come è lui, non può e non deve aver difficoltà nel riuscirci.

Tanti auguri di cuore, Mister.

Chuara Vernini