L’ultima immagine che ho di Alvaro Morata è quella del gol al Milan, in finale di Coppa Italia del 2016.

Una partita sporca, inchiodata  sullo 0-0, pronta per i rigori.

Lui entra dalla panchina e in un lampo la risolve con il suo destro alle spalle di Donnarumma. Poi una corsa verso il pubblico, oltre i cerchi dell’Olimpico.

Sa già che è la sua ultima volta con la Juventus.

Il Real Madrid – squadra in cui è cresciuto, lui nativo della capitale spagnola – sta per esercitare sull’attaccante il diritto di recompra.

Alvaro Morata arriva in quel di Torino a 22 anni ancora da compiere, con quell’aria un po’ stralunata dall’alto del suo metro e novanta  e un sorriso timido, da bravo ragazzo.

È il primo anno di Massimiliano Allegri, dopo l’improvvisa e burrascosa dipartita di Antonio Conte. Il mister non ne fa un utilizzo continuo, eppure il giovane sin dalle sue prime uscite dimostra di ben tollerare il peso della 9 bianconera.

Per quanto sembri introverso e riservato, stupisce la disinvoltura con cui affronta le gare, soprattutto quelle in notturna di Champions League.

Sulla cavalcata verso Berlino – e persino in quella Berlino, contro il Barça di Messi e Neymar – è lui che, impavido, scaraventa la palla in rete con quel fare di chi – quasi per caso – si trova al posto giusto e nel momento giusto.

Tanto da eguagliare un record che, ancora oggi, condivide soltanto con Alessandro Del Piero. Nemmeno Ronaldo glielo sottrae:

Protagonista anche nella sfortunata sera di Monaco, in cui è letteralmente irrefrenabile: propizia il gol di Cuadrado e segna una rete ingiustamente annullata.

La sua sostituzione segnerà inevitabilmente le sorti della partita e la Juventus non riuscirà a passare il turno.

Il suo legame con l’ambiente, in due sole stagioni, è saldo e genuino.
Il giovane madrileno lega con tutti e si fa benvolere.
Con Andrea Pirlo c’è un feeling speciale, dato dall’ammirazione del canterano verso il campione del Mondo:

Nel 2015\16 spicca invece il suo rapporto con Paulo Dybala e con il suo compagno di stanza, Simone Zaza.

Dopo 4 anni di assenza, Alvaro Morata – che intanto ha girato tra le fila del Real, del Chelsea, dell’Atletico Madrid – ritorna là dove ha fatto meglio di ogni altro posto.

Là dove – con ogni probabilità – è stato amato come in nessun altro posto.

Ingrediente, l’affetto, particolarmente importante per uno come lui, spiccatamente sensibile, che per sua stessa ammissione ha attraversato momenti duri e difficilissimi in cui ha dovuto chiedere aiuto:

All’inizio avevo un po’ di vergogna a parlare dei miei problemi a uno psicologo. Negavo il problema e mi tiravo indietro, poi però mi rendevo conto che avevo bisogno di una mano. 

Il suo cammino, dopo l’ esperienza bianconera, è stato costellato di alti e bassi.

Questo ritorno – alla Juventus e soprattutto da quell’ Andrea Pirlo che tanto lo ispirava – sembra una sorta di seconda possibilità per Alvaro. 

In una casa che è ancora un po’ sua, tra persone che lo conoscono e con cui quel legame non si è mai veramente interrotto.

Dybala e Morata
Fonte immagine Stories Instagram Paulo Dybala

Con tifosi che lo riaccolgono a braccia aperte.

Morata porta una  duttilità che lo renderebbe capace di dialogare con chiunque in attacco e  un bagaglio notevole  dal precedente biennio a Torino: 27 gol più 16 assist sono indice di una costante partecipazione alla manovra offensiva.

E quella voglia di essere parte di un progetto che lo porta a ridursi l’ingaggio pur di parteciparvi (che di questi tempi è un’attenzione non da poco).

Tutto è pronto per il Morata 2.0.

Bienvenido a casa, Alvarito!

 

Daniela Russo