(Immagine tratta da africa.com)

 

Nella lingua Zulu, l’espressione Bafana Bafana significa “i nostri ragazzi” ed è un modo per indicare la Nazionale di calcio sudafricana che sa di un’appartenenza che va oltre il pallone.

Phil Masinga, recentemente scomparso ad appena 49 anni, è stato una stella di questa Nazionale, una “leggenda internazionale e non ordinaria” per il suo popolo come ha rimarcato il presidente del South African Masters and Legend Football Association Buddha Mathate che ha parlato di lui come di uno degli artefici della prima storica qualificazione ai Mondiali di Francia del 1998, con la sua rete decisiva contro il Congo, davanti ad 80.000 spettatori compreso il presidente Nelson Mandela; un gol epocale tanto che fu festeggiato come un vero e proprio evento storico in quel Sudafrica che stava cercando di riemergere dalle brutture dell’Apartheid.

Proprio con la Nazionale ha esordito in un’altra data significativa, nel mese di luglio del 1992 nella prima partita ufficiale che ha sancito la riammissione del Sudafrica nel calcio internazionale dopo quattro anni dalla fine dell’Apartheid; sarà uno dei calciatori decisivi anche per quanto riguarda la Coppa d’Africa vinta dai Bafana Bafana nel 1996. 

Masinga è stato un buono in ogni clubs nel quale ha militato, sempre a servizio della squadra e a disposizione dei compagni; un divoratore seriale di polpette con la risata contagiosa, un campione dentro e fuori dal campo secondo chi l’ha conosciuto bene, un “atleta e gentiluomo” secondo Eugenio Fascetti, che è stato suo allenatore.

Nato in una famiglia di benzinai, a pochi km da Johannerburg, la storia di Masinga nel calcio italiano inizia nel 1996 nella Salernitana ai tempi in cui la squadra militava in Serie B e grazie in particolare al suo gol del luglio 1997 contro il Castel Di Sangro il club si assicura la salvezza per rimanere nella categoria cadetta. Un’impresa che Masinga realizza appena tornato da Wembley dove era impegnato con la sua Nazionale per la sfida contro l’Inghilterra.

Aniello Aliberti, ex presidente del Club, in questi giorni lo ha ricordato così: “All’inizio non si ambientò bene, alcuni pseudo tifosi lo presero di mira e Masinga fu anche vittima di razzismo. Voleva andare via per questo ma non si perse d’animo, gli dispiaceva di non essere apprezzato”.

Nell’estate del 1997 viene ingaggiato dal Bari, in Serie A. 

Subito ribattezzato dal tifosi “Mazinga” come il celebre robot, in quattro stagioni con i biancorossi ha segnato 24 gol ma soprattutto è diventato lo spauracchio dell’Inter di Ronaldo… E’ stato suo il gol delle vittorie del Bari a San Siro nel gennaio e nel novembre del 1998 e sempre sua la rete salvezza del maggio dello stesso anno al San Nicola contro l’Inter.

Molto intelligente dal punto di vista tattico e completo sul piano tecnico, Masinga è ricordato anche per la sua umanità. 

Vittorio Tosto, suo ex compagno di squadra, in una lettera pubblicata in questi giorni sui Social, scrive di lui:

Una sera divorò una teglia piena di polpette rosse con non si sa quanto pane che a vederlo mi faceva allegria, ancora oggi ne parliamo con Franca mia moglie. “Amicomì” per me era il suo nome e non parlando francese lui capiva.

Salerno era diffidente con lui …e glielo dicevo: “Tu gol, io polpette” e rideva con quella mascella enorme e denti così bianchi che non capivo come facesse visto che non conosceva i dentisti, semplice non sapeva cosa fossero le caramelle.

Era un calciatore normale con caratteristiche simili a tanti nelle categorie inferiori ma aveva cuore, testa, fame e soprattutto sangue negli occhi, tipica dote della sua terra selvaggia. Salerno si rivelò per lui la scelta migliore…..

Rimpiango ancora di non esser andato a Johannesburg nella sua dimora per il mondiale delle vuvuzela, sai che spasso con lui… mannaggia i rimpianti! Amicomì, come sempre poche parole ma per te le spendo volentieri. Credo che tutta l’Africa ha gli occhi rossi come non mai grazie a te. Ciao Phil”.

 

Ciao Phil, stella spenta troppo presto.

 

Silvia Sanmory