LA FURIA CECA, così i tifosi avevano soprannominato Pavel Nedved per il suo incessante correre dietro il pallone per tutta la durata della partita

I compagni dello Sparta Praga lo chiamavano “Il Matto”.

Instancabile, irrefrenabile, perennemente in movimento, la norma era quella di fare due ore di allenamento in più degli altri.

Lui, Pavel Nedved, centrocampista offensivo con qualità tecnica da top player ed indubbio astro calcistico, ha dichiarato che “essere motivato e correre è libertà e divertimento”.

Correre.

Luciano Moggi, nei tempi in cui Pavel militava da giocatore nella Juventus, lo ha definito più volte con un termine preciso: “Infaticabile”:

“Correva sempre – si legge in un’intervista rilasciata dall’ex dirigente della società bianconera – persino negli allenamenti bisognava fermarlo altrimenti non smetteva più. Correva persino negli spogliatoi. Mai visto nulla di simile”.

Non è un caso che i tifosi italiani lo avessero ribattezzato “Furia ceca”, viste le sue origini.

Considerato uno dei migliori centrocampisti dei suoi tempi, premiato con il Pallone d’Oro nel 2003, nominato come World Player of the Year dalla rivista britannica World Soccer nello stesso anno, Nedved è sempre stato esigente con sè stesso, dimostrando di avere la mentalità del vincente.

Lui, mancino naturale, ha imparato a calciare con entrambi i piedi, caratteristica questa che lo ha trasformato in un elemento pericolo per l’avversario nelle conclusioni dalla lunga distanza e anche nei calci di punizione.

Ma come è intuibile, la sua caratteristica distintiva era la tenuta atletica che gli consentiva una corsa ininterrotta per tutta la durata del match, permettendogli di effettuare recuperi difensivi che ribaltavano l’azione dell’avversario.

Nel nostro Paese, Nedved arriva nel 1996, esordendo in Serie A come calciatore della Lazio, nella partita contro il Bologna.

Un primo anno nel quale si conferma una dei giocatori di spicco della squadra e l’anno successivo va a rete quattro volte nelle prime tre partite di Campionato.

Con la maglia biancoceleste fa incetta di titoli nazionali e internazionali e di consensi; il suo palmares in cinque anni con la squadra contempla 207 partite e 51 gol.

Poi qualcosa si rompe.
Qualche dissidio con la dirigenza e la società biancoceleste,che lo cede anche per fare cassa.

Nedved viene acquistato dalla Juventus, per 70 miliardi di lire.

Non è un momento facile però per il centrocampista, considerato uno degli uomini simbolo della Lazio e di conseguenza visto come una sorta di traditore dai tifosi, complice il fatto che sulla questione del suo addio alla maglia Nedved è di poche parole.

In realtà Nedved in precedenza era stato corteggiato a lungo dai bianconeri, sempre senza successo soprattuto per volontà dello stesso calciatore.

Non solo; alla Juventus il centrocampista cambia completamente tipo di prepatazione e modo di giocare:

“Quello iniziale con la Juventus fu un periodo difficile – dichiarerà in varie intervistealla Lazio puntavamo sul contropiede, mentre qui dovevamo attaccare e trovavamo sempre avversari chiusi. Insomma, dovevo abituarmi, capire i movimenti e il gioco che veniva praticato. Ci ho impiegato un po’, poi, grazie anche a Lippi che mi ha spostato in una posizione più centrale, mi sono trovato molto meglio ed ho cominciato a essere me stesso. Ricordo il giorno dello Scudetto come una grande soddisfazione”.

La partita del 21 aprile 2002 contro il Piacenza lo consacra a tutti gli effetti come l’Uomo Scudetto e manda direttamente Nedved negli annali bianconeri grazie alla sua rete decisiva che contribuirà alla rimonta sull’Inter e alla vittoria bianconera all’ultima giornata.

Come era già successo con la Lazio, anche la sua militanza nella Juventus è un rincorrersi costante di successi e titoli prestigiosi: un altro Scudetto l’anno successivo, Supercoppa italiana, due Campionati vinti (uno revocato e l’altro non assegnato per le vicende di Calciopoli).

Rimarrà fedele alla Vecchia Signora anche nella retrocessione in Serie B: “La mia Champions League ora sarà la Serie B – dichiarava in un’intervista a proposito del suoi desiderio di vincere una Champions – e ho grandi motivazioni per riportare la mia squadra in Serie A”.

Per questa sua scelta è entrato di diritto nell’olimpo delle bandiere juventine.

 

Il 31 maggio del 2009 Nedved annuncia il suo ritiro dal calcio giocato, giocando la sua ultima partita, come a chiudere un cerchio ideale, proprio contro la Lazio, tra l’altro con la fascia di capitano ceduta per l’occasione da Del Piero e uscendo dal campo tra le ovazioni dei tifosi.

 

Dall’ottobre del 2015 è vicepresidente della Juventus: “E’ una squadra che mi ha dato tutto – ha sottolineato svariate volte Nedved – soprattutto la mentalità vincente, quella che ti fa dire che ogni partita è una battaglia”.

Esattamente come la pensava da bambino, quando si allenava seriamente e duramente ai tiri da lontano…