È il 25 aprile del 2018.  I tifosi bianconeri, arrivati a Vinovo per dare “un segnale” alla squadra,  si raccolgono intorno a Paulo Dybala.

 

 

Il giovane argentino è quasi accerchiato dalla folla che vuole da lui la sicurezza che lo Scudetto arriverà a Torino per il settimo anno di fila. Il diez – pur a disagio lì, stretto in mezzo a tanti – tiene la testa alta e annuisce. Nonostante la tensione.

Sulla leadership di Dybala alla Juventus si è sempre detto tutto e il contrario di tutto. L’attaccante, a turno, è sempre stato tacciato di poca personalità, di umori altalenanti. Addirittura è stato ipotizzato che il suo rendimento insufficiente nella scorsa stagione fosse dovuto alla presenza “ingombrante” di CR7.

Cosa che tuttavia sarebbe poi sparita quest’anno (quasi come per magia).

Paulo Dybala non è un trascinatore di folle. Non lo è per indole, né per carattere, ha altre attitudini ma dietro quell’aria da ragazzo quasi fragile si nascondono una grande determinazione e capacità di saper tacere soprattutto per il bene della squadra, con una chiara consapevolezza di quello che sta facendo.

Soprattutto,  dopo 5 anni alla Juventus ne ha inglobato valori e DNA: tra vittorie e sconfitte, tra ascese e cadute. Alcune particolarmente dolorose.

Paulo Dybala, signori, è juventino.

Conosce peso e orgoglio  della maglia che indossa e mai come in questa stagione sta dimostrando che di quella maglia  sa portare storia, oneri, responsabilità.

Lui, che dice di sé:

Mi sento un giocatore importante, rispettato dai tifosi e dai compagni di squadra, ma non cerco di essere un leader. Il leader deve trasmettere, deve generare qualcosa di positivo nel gruppo. Non devi urlare o insultare per essere rispettato. Devi sapere quando e come parlare con un compagno.

Poi fa esattamente quello che ha riportato in quelle frasi, dimostrando che – in fondo – ha solo voglia di scrollarsi i tanti occhi sempre puntati addosso.

Fa quelle cose semplicemente perché è un gobbo vero.

Per quella Juventus che “per me é un sogno”, che lo ha accolto quando era un ragazzino pieno di sogni e speranze che ancora  sentiva la mancanza del mare di Mondello, che lo ha accarezzato ma anche messo alla prova duramente, che lo ha fatto crescere come uomo e come calciatore.

Paulo Dybala nel tempo ha assunto tutti i tratti del Capitano e lo ha fatto per amore, un amore che lo ha reso gradualmente un leader.

Ed é per questo che oggi non sta più lì in mezzo, stretto dai tifosi, in silenzio a ascoltarli.

Oggi  – che sa parlare  il linguaggio dei gobbi – esce dal cerchio e si para davanti a loro. Li può redarguire e anche zittire.

Perché lui lo sa – lo sa bene – che cosa vuol dire essere juventino. 

 

Daniela Russo