Paolo Rossi forse stava vivendo una fase della sua vita tra le più intense.

Era papà di due splendide bambine, avute in età matura, da una moglie molto amata.

Aveva  una vita meravigliosa vissuta in quelle colline che solo in Italia si possono trovare, coinvolto nella gestione di un resort e di tante altre attività.

Era commentatore di calcio, lavoro  che lo ha riportato sul sentiero della sua fantastica attività di leggendario calciatore: Eroe Nazionale assoluto del Mondiale del 1982.

In questo momento della sua vita, riceve una notizia di quelle che non ti lasciano speranza, la quale annuncia che tutto sta per finire, presto la luce si affievolirà fino ad arrivare al buio totale.

La moglie, la giovane giornalista Federica Cappelletti, racconta di un Paolo combattente che voleva vincere quel male a tutti i costi e farlo in silenzio circondato dai suoi affetti più cari.

ESCLUSIVA – Federica Cappelletti: “Vi racconto le lacrime e i ricordi di mio marito Paolo Rossi, patrimonio dell’Italia e degli italiani”

 

Paolo voleva vivere.

Ma chi è stato Paolo Rossi?

Una brava persona che ha avuto la forza di perdonare chi lo aveva condannato prima ancora di potersi difendere. Un uomo che ha subito due anni di squalifica ingiustamente, in quanto – presumibilmente – coinvolto suo malgrado nell’inchiesta del calcio scommesse clandestine nel 1980.

Fu lui l’unico a pagare a causa di un pareggio conveniente per entrambe le squadre, la sera di quella partita segnò due gol.

Scontò la qualifica senza batter ciglio, il secondo anno lo trascorse ad allenarsi per la Juventus che nel frattempo lo aveva rivoluto.

Cosa aveva di speciale Paolo?

Sapeva giocare bene a pallone:  tecnicamente molto preparato, era magro, magrissimo e una statura media. Aveva sviluppato un’intelligenza che lo portava a realizzare delle vere e proprie prodezze, soprattutto nel Mondiale dove si aggiudicò il titolo di capocannoniere   che gli valse il Pallone d’Oro.

Era un’attaccante molto veloce e abile negli spazi stretti dell’area di rigore: inizialmente  ala destra, sarà il suo allenatore Fabbri a Vicenza a proporgli di passare  centravanti, ruolo che ricopre poi in tutta la sua carriera.

Il suo straordinario percorso calcistico inizia giocando a pallone a 9 anni, nella squadra del Santa Lucia, dove militava anche il fratello Rossano:  al padre Vittorio – ex ala destra del Prato –  è dedicato il campo sportivo del Santa Lucia.

Paolo ha dovuto combattere per questa professione.

L’operazione ai menischi a quei tempi non era proprio una passeggiata, non esisteva l’artroscopia e lui ha sopportato  i dolori e le sofferenze  delle conseguenze dell’operazione.

Nella sua carriera ha militato nel Como, nel Lanerossi Vicenza (per lui una scuola importante) ma trova il successo nella Juventus che lo fa arrivare in Nazionale.

Termina la carriera da calciatore al Milan e al Verona.

Pablito  venne convocato in Nazionale contro tutti e tutto, voluto fortemente da Bearzot.  Il  ct a  credeva in lui e nel suo talento e fece bene ad imporlo, perché fu il giocatore chiave che consegnò l’Italia alla conquista di un Mondiale difficilissimo.

Fece piangere amaramente il Brasile di Zico.

 

Vogliamo pensare che questa anima buona, incapace di arrabbiarsi e serbare rancore verso chi gli ha fatto del male, stia giocando con Maradona a pallone e che insieme percorreranno le vie del paradiso insieme a tutti gli altri.

Non importa quale sia la vostra origine o la vostra classe sociale, da dove veniate.  L’importante è dove volete arrivare. L’importante è che continuiate a credere nei vostri sogni. Fatelo con coraggio. (P.Rossi)

Ciao Paolo,  ricordati di noi.

 

Cinzia Fresia