Un anno fa, le Ragazze Mondiali guidate da Milena Bertolini erano impegnate in Francia nel Mondiale di calcio femminile.

Australia, Reggae Girlz, Brasile e poi ancora la Cina: gara dopo gara, hanno vinto e convinto coinvolgendo lo Stivale intero fino e ai decisivi quarti contro l’Olanda.

I loro volti, i loro nomi, le loro voci nel cantare l’inno, le prestazioni, i gol, le esultanze sono entrati nelle case degli italiani; i mass media hanno parlato di loro: il Paese tutto prendeva finalmente atto dell’esistenza e della qualità di un calcio praticato da donne.

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L’entusiasmo generato ci aveva illuso.
Pensavamo che, dopo aver assodato la bontà tecnica e tattica delle nostre ragazze, ci si fosse anche resi conto che, il divario emerso nella sfida contro le olandesi poteva e doveva essere colmato cambiando approccio verso il mondo rosa del pallone.

Le intenzioni erano positive.
C’è stato qualche passo in avanti; pochi, lenti ma meglio di niente!
I campionati avevano dato segnali di ulteriore evoluzione: competitivi, combattutti e interessanti anche agli occhi di alcune calciatrici straniere.

I tempi sembravano davvero maturi per segnare una svolta poi è arrivata l’emergenza sanitaria che ha fatto emergere una serie di problematiche ataviche. 

Così, un anno dopo la grande avventura francese, il mondo del calcio femminile subisce ancora umiliazioni.

A distanza di un anno dalla vittoria contro le Matildas, Milena Bertolini si ritrova con le sue ragazze ma non può festeggiare nè celebrare positivamente quel ricordo.

«Avevo preparato una sorpresa per le ragazze. Appuntamento su Zoom alle 13, orario d’inizio della partita d’esordio in Francia per ricordi, aneddoti e un quiz sul nostro Mondiale. Invece ci siamo ritrovate volentieri ma con molta amarezza di fondo. Visi tristi, soprattutto di chi ha patito di più l’annullamento del campionato: le juventine, che non hanno avuto lo scudetto, le milaniste, che in Champions vedranno andare la Fiorentina.».

Il definitivo stop della Serie A femminile ha il sapore di una sconfitta.
Ct Bertolini, sulle pagine del Corriere della Sera, si dice «triste, delusa, arrabbiata» perchè quanto seminato in un Mondiale in cui l’Italia era arrivata nei quarti rischia di essere vanificato e perchè emergono ancora troppe disparità di trattamento:

«Ci sono state squadre che mentre facevano allenare gli uomini non trovavano un campo per le donne. È accettabile? Non è discriminazione?
La verità è che c’è ancora qualcuno che si rifiuta di capire che queste ragazze sono un patrimonio del calcio italiano».

Già perchè il dato raccapricciante è che su 12 squadre iscritte alla Serie A, solo Juve e Milan, dopo il lockdown, hanno permesso alle calciatrici di tornare ad allenarsi.

«Io capisco le difficoltà dei quattro club dilettantistici, ma i restanti sei?
Sono rimasti fermi, e questo dice tanto. Ci dice che avere la sezione femminile per alcune società è un investimento importante, per altre è solo una questione di immagine, priva di sostanza».

Insomma, il calcio femminile è ancora vittima di una considerazione diversa.

bertolini gama
fonte immagine: profilo twitter ufficiale Nazionale Femminile di calcio

E’ inammissibile che le calciatrici siano lasciate senza allenamenti per sei mesi.
E’ un allarme per il movimento tutto, dai club alla Nazionale poichè si corre il concreto rischio di perdere le campionesse più appetibili e ambite all’estero (come Guagni che è corteggiata dall’Atletico Madrid) ma anche -ed è ciò che inevitabilmente preoccupa la ct- perchè, in vista del prossimo ritiro per le qualificazioni europee, le Azzurre potrebbero non essere atleticamente pronte.

«E’ fondamentale che il campionato 2020/2021 cominci entro la prima quindicina di agosto per poter arrivare a giocare con almeno un mese di partite nelle gambe e con una preparazione adeguata, sennò non saremo in grado di affrontare alla pari le avversarie.».

L’amarezza di Bertolini è più che giustificata poichè, a distanza di un anno, il calcio femminile, è costretto ancora chiede a gran voce rispetto e dignità, più fatti e meno parole:

«Ci deve essere una progettualità, servono investimenti forti e non di facciata.
Fin qui, invece, ho visto molte chiacchiere e pochissimi fatti.

…E arriviamo al professionismo: culturalmente in Italia siamo ancora indietro ma basta implorare per avere cose che ci spettano.
Il calcio femminile italiano merita, e basta!».

Parola di ct!!!

 

Caterina Autiero