Rieccoci, ancora una volta. A discutere e complicarci la vita, atto per il quale l’interista ha un’indole particolare, dentro e fuori dal rettangolo verde, a ridosso dell’autunno, a vedere un film che suona familiare. Proprio come in famiglia, tutti urlano nel nome del bene.
Si è bramato tanto: troppo entusiasmante la prima parte di una stagione, poi, troppo deludente due anni fa, troppo disastrosa la stagione scorsa, troppo lontano l’ultimo titolo, troppi allenatori, troppe incomprensioni, troppe le diatribe e le scintille. Tutto troppo.
Il primo grande passo in avanti si chiama Luciano Spalletti. Dopo di lui obiettivi finanziari raggiunti, innesti di mercato, partenze importanti, rinnovi determinanti, punti fermi e di ripartenza, stagione avviata, una complicità di gruppo che accenna a sbocciare e primi risultati favorevoli messi a segno. A proposito di risultati e a proposito di Spalletti le statistiche sorridono e i numeri valgono doppio: la determinazione per trattenere Ivan Perisic non era immotivata e il campo rende giustizia a tanta caparbietà. Troppo presto, però, per supposizioni, considerazioni e soprattutto entusiasmi, lo insegna il passato.

Il tifoso interista, in tal senso c’è da ammetterlo, è peculiare in ogni sua sfaccettatura: il primo a entrare allo stadio, l’ultimo ad andarsene; c’era il 5 maggio e c’era ad Inter-Schalke 04 o quell’11 maggio 2001, c’era senza stancarsi e mai domo ma, se c’è una cosa che l’interista non tollera e difficilmente perdona è il venir meno a doveri che l’amore per la maglia ti obbliga ad adempiere. E’ esigente e permaloso, è la sua innata e sviscerata dedizione nei confronti di maglia e colori che lo detta.

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Non è, d’altronde, vero che giocatori, presidenti, capitani, dirigenti e allenatori passano e che al contrario, i tifosi restano? Chi meglio di loro può volere il bene della squadra? La risposta è scontata, almeno, a mio avviso. Eppure, però, spesso si incappa nei luoghi comuni: diciamocelo chiaro, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.

E in questo caso, ancora una volta c’è di mezzo il mare e il rischio di un naufragio. Lo scorso anno, durante la notte che precedeva la partita un comunicato tuonava freddando i rapporti con un Icardi colpevole e colpevolizzato (troppo?); da lì in poi diatribe, disordini, fraintendimenti, rotture e conseguenze (irrisolte). Stabilire da che parte sta la ragione e designare un colpevole scioglierebbe la matassa? Finora sembrerebbe di no!
Un anno dopo, ancora una volta un comunicato, Icardi al centro del mirino, tifosi scissi, considerazioni, riflessioni, prese di posizione: è di nuovo caos(?)
Mauro Icardi, media gol: più di un gol ogni due match e un inizio di stagione da dieci e lode, capitano, ventiquattrenne, con tutte le carte in regola per diventare top player, come più volte detto, colpevole di strafalcioni ed errori, ma colpevolizzato e bombardato, ostracizzato in taluni casi.
Tifosi disillusi, disincantati e diffidenti; reduci da stagioni fallimentari, spettatori inermi di situazioni imbarazzanti quanto indecenti. Tutti.
Alcuni a favore, altri contro Icardi, chi commenta, chi inventa, chi ci romanza e chi se la ride.
(Viene da pensare)… gli errori che hanno contribuito al declino di cui siamo stati spettatori, del quale rammarichiamo e dal quale pretendiamo ripresa immediata, abbiamo imparato davvero a non ripeterli? Tutti urliamo, per il bene e nel bene dell’Inter ma, stiamo davvero facendo il bene dell’Inter? 

 

Egle Patanè