Chi mi conosce sa che non sono esattamente un’estimatrice di Massimiliano Allegri.

Tuttavia, dato il suo rientro alla Juventus lo scorso anno, mi sono detta che concedergli una chance fosse inevitabile.

L’ultimo Allegri, quello del 2018/19 per intenderci, mi aveva lasciato un ricordo abbastanza amaro, tra prestazioni in campo non entusiasmanti ( malgrado lo Scudetto) e dichiarazioni ai microfoni talvolta discutibili.

Il suo ritorno in verità ha aleggiato silenzioso per tutti i ventiquattro mesi in cui il toscano è mancato. Ho sempre avuto la sensazione che la resa di Agnelli, nel lasciarlo andare, fosse finta.

I fatti, alla fine, mi hanno dato ragione.

Sin dal primo giorno, però, ho avuto l’ impressione di trovarmi davanti una persona diversa, ma non in meglio.

Le conferenze stampa – al di là dei risultati in campo, sui cui non mi soffermo ora – sono stati la cartina tornasole più valida da utilizzare.

Sì, perché là dove un tempo Allegri risultava iconico in certe frasi (“Innanzi tutto bisogna fare i complimenti ai ragazzi”, solo per citarne una), in qualche modo simpatico e comunque coerente, ha cominciato invece a fare acqua.

Il tecnico toscano non ha mai disquisito molto di calcio giocato nelle sue interviste pre e post partita, ma aveva saputo creare aspettative intorno alla sua figura, aspettative avallate, nel bene o nel male, dai successi della Juventus. 

A partire dalla scorsa stagione, durante tutti i nove mesi, la comunicazione di Allegri è stata quasi improvvisata, frammentaria, ripetitiva e molto spesso contraddittoria. Più le prestazioni della Juve arrancavano, più si lui confondeva.

In questo nuovo inizio di stagione, tutto ciò che dichiara mi appare frutto di un uomo impegnato, in maniera alquanto ottusa oserei dire, in una vera e propria guerra ideologica.

Quasi come se fosse incapace di ammettere che quello che  fino a tre anni fa  gli è bastato per essere un tecnico vincente non sia più assolutamente valido.

Come quelle persone che hanno trovato un tesoro e invece di investirlo lo tengono stretto per paura che arrivino i ladri a portarlo via.

Una sorta di lotta contro i mulini a vento, visto che lui è solo contro l’intero mondo del calcio che si evolve e va avanti a una velocità spietata.

Solo, perché la frangia di senatori che lo ha sempre accompagnato nei suoi anni in bianconero non esiste più. Solo, perché anche la società Juventus, palesemente, non è più la stessa di quella che aveva lasciato.

Questa solitudine sembra spingerlo a arroccarsi ancora di più, in una presa di posizione rigida, paradossale, dannosa, per lui e anche – e soprattutto – per la squadra.

Ogni precedente certezza, per quanto io potessi già allora ritenerla discutibile, sembra essersi dissolta. Massimiliano Allegri oggi appare come un allenatore completamente scollato dalla realtà.

Palesemente alla ricerca di alibi, di assoluzioni.

Quasi come se allenare fosse diventata, per lui, una sorta di maledizione.

Mi chiedo allora cosa lo abbia spinto a tornare e cosa lo spinga a restare ( rispondere “i soldi” è troppo facile).

Mi chiedo perché un professionista continui a farsi una tale orribile pubblicità a meno che non sia inconsapevole, e non mi pare il caso di Allegri.

Vorrei chiedergli se non sia meglio per lui, per la squadra, per la Juventus e anche per noi fare un passo indietro e riconoscere di non avere più motivazioni, più ambizioni. Accade: non c’è da farne una tragedia.

Sarebbe a mio avviso l’unico modo per salvare il salvabile o, quanto meno, la propria dignità.

In caso contrario, trovo veramente difficile continuare su questa strada. A meno che non ci si voglia ritrovare tutti tra la cenere e le macerie di un fallimento epocale.

La Juventus non lo merita e in fondo, sarebbe bene non augurarlo nemmeno ad Allegri.

Daniela Russo