Il mercato cinese, sempre più in espansione e sempre più proiettato verso la Penisola nostrana, pare abbia definitivamente messo radici in quel di Milano, tanto cara agli occhi degli orientali. Nuoto sincronizzato, ginnastica artistica, ginnastica ritmica, tuffi, danza: ai cinesi manca soltanto il calcio, ed evidentemente, i colossi del capitale asiatico (e mondiale, oseremmo dire) hanno già pianificato le manovre necessarie a sopperire a tale deficienza. L’auspicio di poter, un giorno, godere di un panorama calcistico degno di paragoni e, perché no, di una nazionale che possa competere con le grandi partecipando ai mondiali, è probabilmente la  propulsione che sollecita i magnati orientali al ricorrente coinvolgimento nei confronti del calcio italiano.

La telenovela Cina-Milan iniziata mesi fa con il fantomatico Mr Bee per poi disfarsi nel nulla e riaperta con la “Cordata cinese”, costellata da “Quasi alle firme” e retrofronti clamorosi, satolla di up&down e sadica suspense, lascia tutti ammaliati da questo perpetuato carambolare. Ma Berlusconi vende o no? Ce lo siamo chiesti più e più volte, eppure, questo epilogo non accenna ad arrivare. Non nelle prossime ore almeno. Berlusconi pretende delle garanzie e le condizioni minime sono 400 milioni di euro di investimenti in cinque anni per apportare i sostentamenti necessari alla squadra e tre anni almeno di presidenza onoraria (i cinesi sarebbero disposti a concederne due). E se i cinesi accettassero tutte le condizioni? La risposta definitiva spetterebbe comunque al cavaliere e lì sta il problema. Secondo i quotidiani odierni la trattativa più che rafforzarsi, pare stia, se non scemando, perdendo d’intensità. La settimana che sta per iniziare, sarà quella decisiva, o perlomeno questo è quanto si augura il popolo rossonero; il tempo scorre e per poter orientarsi anche in chiave calciomercato sono necessarie certezze che, solo la società può dare. Intanto c’è chi, più maliziosamente, suppone possa essere un’altra delle trovate berlusconiane in prossimità delle elezioni amministrative per, poi, fare retromarcia e restare ancora per qualche anno alla guida del Milan, perché lui, al Milan ci lascerebbe più di un 70% di quote. Dopo essere stato spodestato da palazzo Chigi, perdere la poltrona non è più uno sconcerto per Berlusconi, si tratta infatti di una perdita superiore che ha a che fare con cuore e sentimenti, perché lui al suo Milan ci tiene davvero e separarsene, evidentemente, è un sacrificio troppo grande.C’è chi ritiene la cessione necessaria proprio in nome di questo sviscerato sentimento e chi si interroga su quanto possano i cinesi, per quanto portatori di novità e soprattutto denaro, render giustizia all’attaccamento e al sentimentalismo proprie di patron Berlusconi. La controverse considerazioni sulla questione non aiutano di certo l’indecisione che echeggia ad Arcore e sebbene ci sia chi smentisce duramente l’affievolimento delle trattative sono i fatti che dovrebbero dar risposte e attualmente mancano fatti e, di conseguenza, appunto risposte.

Dissimile per certi versi, invece, la situazione sull’altra sponda del Naviglio. Se dal lato “Sud” di San Siro tentennamento è la parola all’ordine del giorno (e non solo di quello odierno), nel versante nord la situazione è agli antipodi. In sordina, senza alcuna indiscrezione trapelata e dopo una convincente propaganda di fiducia riguardo la gestione Thohir, improvvisamente cambiano ruoli e  gerarchie. Il Suning Commerce Group colosso cinese, di cui tanto si era parlato nelle ultime settimane, ha riservato un colpo di scena storico. Presentato come possibile partner economico intenzionato ad intervenire nell’immissione di capitali acquistando circa il 29,9% della società di Corso Vittorio Emanuele ha cambiato volto e da partner economico di minoranza è, ex tempore e quasi definitivamente, il nuovo proprietario dell’F.C. Internazionale. “Si chiamerà Internazionale perché siamo fratelli del mondo” così scrissero la notte del 9 marzo 1908 al ristorante L’Orologio e, oggi 5 giugno 2016 quella frase si concretizza come mai prima nella storia.Volata a Nanchino la totalità della dirigenza nerazzurra ha incontrato i rappresentanti del Suning Group per definire ulteriormente e concludere la trattativa, ormai praticamente chiusa. Il Suning, per fare il punto della situazione, si farà onere del debito con Goldman Sachs che si aggira intorno ai 220 milioni e verserà circa 180 milioni cash ai due, quasi ex, presidenti Thohir e Moratti. Deterrà il 68,55%, mentre Thohir conserverà il 31% e il restante 0,45% affidato a piccoli azionisti. Ciò che inquieta i tifosi, però, è l’allontanamento di Moratti, considerato il babbo dal cuore d’oro, colui che portato a casa campioni, soddisfazioni, vittorie e soprattutto la coppa dalle grandi orecchie, lo stesso che ha coccolato il suo popolo con una gestione tinteggiata di colori familiari che, stando ai numeri risulterebbe, ad oggi, fuori dai giochi. Il presidentissimo Massimo Moratti, infatti, pare esca definitivamente dalla sede di Vittorio Emanuele ma difficilmente dal cuore degli interisti che lo ricorderanno, per l’appunto, come il presidente che con passione, caparbietà, sentimento e pazienza ha riportato l’Inter tra le grandi. E ora che la sua beneamata “Figliuola” è grande abbastanza da esser stata valutata intorno ai 700 milioni di euro, è giunto il momento di lasciarla partire per un biglietto, a quanto pare di solo andata, verso levante.Ma sarà davvero così? Da che mondo è mondo un padre vigila sempre sui figli e, seppur ubicati dall’altra parte del pianeta, i contatti restano vivi e solidi. Sarà così anche per papà Moratti? Avrà comunque un ruolo all’interno della società? Staremo a vedere. In ogni caso a riguardo si è già espresso: “L’Inter ha bisogno di una gestione all’Italiana e di un italiano che se ne occupi costantemente”. Cosa vorrà dire? Gli interrogativi sussistono ancora, specie perché, di tutta questa storia l’interista deve ancora capirci qualcosa, e questo cambiamento repentino, silenzioso e conturbante ancor prima di assimilarlo dovrebbe ingerirlo.

Egle Patané