Rimettersi in gioco, rompendo qualsiasi tabù, una storia che invita a riflettere quella di Marina Rinaldi, forse, la prima allenatrice transgender di una squadra maschile.
A quasi due anni dall’intervento che le ha cambiato la vita, infatti, Marina torna a dire la sua nei campionati dilettantistici. Dopo aver allenato nella scorsa stagione il San Michele Rufoli, squadra di terza categoria con cui ha collezionato ben 10 vittorie in 16 partite, voleva concedersi un anno di pausa per studiare e conseguire il patentino da allenatore, ma così non è stato. Alla chiamata dei dirigenti dell’Ogliarese non è riuscita a restare ferma sulla sua decisione ed eccola così come la vediamo oggi, pronta a lanciarsi in questa nuova avventura insieme a don Michele Alfano e don Giuseppe Greco, già con lei al San Michele.

Una vita dedita al calcio la sua, come ha dichiarato in un’intervista rilasciata in esclusiva a Sportweek qualche mese fa: “Il calcio era il mio sfogo, giocavo nell’Ogliarese, sperando di distrarmi da questo istinto femminile, dal desiderio di affettività e normalità”. Prima portiere, poi allenatore e infine allenatrice. Realizzare un sogno e continuare a fare del calcio la propria vita, tutto questo in soli due anni da quell’11 luglio del 2013 quando a Bangkok finalmente trovò la sua vera identità diventando donna.

Il rapporto con la squadra è sorprendente, ad affermarlo è la stessa Marina un po’ sorpresa: “Non mi aspettavo che un tecnico donna potesse coinvolgere un gruppo a livello emotivo, oltre che tecnico”. Grande approvazione anche da parte dei tifosi, che l’hanno accolta come se fosse Delio Rossi, l’allenatore che portò la Salernitana in Serie A.

E che questo paragone le porti bene, magari tra qualche anno riuscirà a ripetere le sue gesta con l’Ogliarese. In bocca al lupo!

Federica Di Bartolomeo