Nell’immaginario collettivo della gente bianconera – soprattutto in quest’epoca degli scudetti consecutivi – ritroviamo spesso falsi miti che tuttavia sono duri a morire.

Uno di questi è la famigerata leadership di Leonardo Bonucci.

 

Addirittura Capitano in questa stagione – data la reiterata assenza di Giorgio Chiellini – sorpassando il vice di fatto, Paulo Dybala.

Di Bonucci in questi suoi lunghi anni alla Juventus ho sentito dire che è un difensore unico al mondo, che ha carisma, che è un uomo spogliatoio, che ha un rapporto indissolubile con la tifoseria ( e tante altre belle cose).

Peccato che nei momenti veramente importanti Leo fa di tutto per smontare l’elenco sopra citato. Ci si mette quasi di impegno, oserei dire.

Posso ricordare a tal proposito la lite plateale con Allegri del 2017 – giusto per citarne una – in cui da bravissimo uomo spogliatoio si mette a scagnare in diretta con il mister rincorrendolo nel tunnel ( con logiche conseguenze di sgabelli e quant’altro).

Ricordo altresì gli urli disumani ai tempi – ormai remoti – di Antonio Conte, che con molto tatto gli inveiva contro: “Bonucci, adesso vengo là e ti uccido!”. A dimostrazione della sua grande attenzione all’avversario.

E non ditemi che era giovane, vi prego.

O forse possiamo parlare di tutto ciò che è accaduto – almeno di quanto a nostra conoscenza – tra il 2017 e il 2018: la fuga improvvisa, l’approdo al Milan con tanto di fascia da Capitano ( fenomeno assolutamente inspiegabile, per me).

Gli era venuta voglia di cambiare…

Dello spostamento degli equilibri, delle continua frecciate a quella che lui definisce “casa sua” ( stile kindergarten, lì d’altronde si sa, il carisma si butta: avete mai assistito a un litigio in una scuola materna?).

Fino a svegliarsi all’improvviso una mattina con l’ennesima girata di umore: voglio tornare alla Juventus.

(E la Juventus cosa ha fatto, ovviamente? Sia mai rimanere senza l’uomo che sposta tutti gli equilibri!)

Il tutto sempre con grande e esemplare comportamento. Sempre da leader carismatico.

La poca consistenza di Leonardo Bonucci, difensore bravino e fortunato che a dire delle piazze bianconere ha un grande carattere, si è vista (oltre che nei momenti clou come Cardiff) proprio nella squadra rossonera, là dove  ha chiesto e ottenuto un posto in prima linea.

Salvo rimanere saldamente dietro le quinte per tutta la stagione.

E allora non venitemi a parlare di leader, di carattere, di carisma: soprattutto se dopo ogni sconfitta rispolvera sui social sempre le medesime, irritanti frasi senza mai mostrare di aver capito la gravità del gesto e la necessità di stare zitto (ma il bel tacer non fu mai scritto).

Non venitemi a parlare di fascia da Capitano per uno che alla prima difficoltà perde completamente la testa – e poi si perde gli uomini avversari, ovvio – se non ha al suo fianco compagni che lo coprono e ne nascondono le numerose magagne.

Son bastate due ore  senza de Ligt per accorgercene. Ma in fondo lo si sapeva già.

Solo che per mistero – e per sua buona sorte – Leonardo Bonucci è un falso mito. Una favola moderna le cui incongruenze però danneggiano non solo lui, ma una squadra intera.

Qualcuno purtroppo – anche grazie al rinnovo – ha deciso che questa favola debba perseguitarci ancora per tanto.

Lunga salute e permanenza a Matthijs de Ligt.

Oltre al muro della difesa, a lui il compito di reggere anche questa pantomima di far sembrare grande chi in realtà non lo è.

 

Daniela Russo