Angelillo, scomparso alcuni giorni fa, era molto amato dalle donne e fu questo un motivo di rottura con Herrera

Se n’è andato così, discretamente e lontano dal clamore, ad ottant’anni suonati, Antonio Valentin Angelillo, il goleador argentino (naturalizzato italiano grazie alla sue origini lucane) dei record. Record sportivi, che si associano automaticamente al suo nome: il titolo di capo capocannoniere con 33 gol (tra cui una cinquina alla Spal), che gli permisero di stabilire un record per i tornei di Serie A a 18 squadre; non solo: con 39 reti complessive, Angelillo eguagliò il primato stagionale di gol realizzati con la maglia dell‘Inter (appannaggio, fino a quel momento, del solo Giuseppe Meazza).

Siamo negli anni 1958 – 1959.

Angelillo arriva all’Inter l’anno prima, dopo il suo exploit come mezzala del club argentino Boca Juniors. Aarriva in Italia con il gruppo dei cosiddetti «angeli con la faccia sporca», vale a dire Omar Sivori e Umberto Maschio.

Angelillo è fortemente voluto dal presidente Angelo Moratti che però inizialmente rimane deluso dalle prestazioni non idilliache dell’astro argentino che pare spaesato e malato di nostalgia. Come in un feuilleton dalle atmosfere nebbiose, dove manca il sole e la passione delle terre del Fuoco. Per risolvere l’empasse Moratti arriva ad incaricare alcuni compagni di squadra affinché portino il malinconico Antonio a svagarsi.


Ed è proprio durante una di queste serate che l’argentino rimane letteralmente folgorato da una ballerina in un anonimo night, Ilya Lopez, nome d’arte di Attilia Tironi. Talmente folgorato e ringalluzzito che da li in poi inizia nuovamente a segnare a raffica sino, appunto, a stabilire il record dei record sopracitato.

Tutto pare rimettersi nel migliore dei modi almeno sino all’arrivo in squadra del nuovo allenatore, Helenio Herrera; i due non si presero in simpatia sin dal loro primo incontro: l’allenatore non amava i fuoriclasse e tacciava Antonio di essere un viziato, troppo indipendente e una prima donna (anche se in effetti non era del tutto vero); pare che le ragioni del disappunto dell’allenatore, al di là dei motivi tecnici, fossero soprattutto di altra ragione; vale a dire il successo che Angelillo aveva con le donne…

Dell’amore appassionato e forte che legava l’argentino alla sua ballerina, descritto teneramente in quegli anni dalla penna di Gianni Brera, Herrera tratteggiò invece uno scenario ben diverso, il che contribuì a rendere la frattura tra lui e il giocatore insanabile.

Nel 1961 Antonio viene così ceduto alla Roma dove rimane sino al 1965, totalizzando 27 goal in 106 presenze e vincendo la Coppa delle Fiere 1960 – 61 e la Coppa Italia della stagione 1963 – 64. Nel club capitolino Angelillo arretra a centrocampo, divenendone il regista e disputando tre campionati a livelli mondiali.

Dalla Roma passerà in seguito al Milan dove disputerà una stagione piuttosto mediocre; dopo un passaggio al Lecco, nel 1967 si trasferisce in prova al Napoli (disputando una tournée della squadra azzurra in Sudamerica) riformando per qualche partita la coppia con l’amico e leggendario Omar Sivori. Saltato l’accordo definitivo con la società partenopea, Angelillo ritorna al Milan per poi passare a giocare in Serie B, con il Genoa.

Nel 1969 passerà all’Angelana, club in cui riveste il doppio ruolo di allenatore/giocatore sino al 1971, anno del suo ritiro dall’attività agonistica. In seguito allenerà diverse squadre e l’Arezzo in Serie C, compiendo un autentico miracolo sportivo: ossia la vittoria della Coppa Italia di Serie C e soprattutto guida gli amaranto alla promozione in Serie B, riportando il club nel calcio di seconda serie dopo 7 anni.

Angelillo ha continuato a  collaborare con l’Inter come osservatore in Sudamerica; a lui il merito di aver segnalato al club nerazzurro Javier Zanetti e Ivan Cordoba. 

Silvia Sanmory