La possibilità di disputare la Champions conquistata  nella giornata più difficile per il popolo giallorosso, in un 28 maggio non qualunque che ha segnato la fine solo sul campo  di una storia d’amore ma che, ancora inconsapevolmente, stava scrivendo l’inizio di un’avventura favolosa per la Roma

ROME, ITALY – MAY 28 Photo by Claudio Pasquazi – Getty Images

Una data, un passaggio di consegne, i lunghi pianti amari e di sofferenza per salutare il capitano oggi divenuti lacrime di stupore versate per un obiettivo al di sopra delle aspettative. Quell’aggettivo favoloso adesso veste i panni di sostantivo, una piccola favola che adesso è realtà.

Tutto è cominciato in un girone che molti hanno, anzi, avevano soprannominato di ferro. Avevano perché  la Roma ha trovato il modo per piegare  “quel metallo” e lo scetticismo dei tanti, trasformandosi da prossima eliminata a prima della classe nel proprio gruppo.

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Una metamorfosi che dopo la sconfitta in trasferta con lo Shakhtar era stata additata come temporanea e allora era più facile sentire elencare i precedenti europei negativi piuttosto che il possibile raggiungimento dopo dieci anni dei quarti. La Roma era di nuovo incapace di continuità, si era fatta riprendere nel risultato e aveva perso ingenuamente subendo un gol su una ripartenza dopo calcio d’angolo a favore. Nessuno aveva preso in considerazione quella deviazione miracolosa, calcisticamente parlando, di Bruno Peres nei secondi finali: un gol evitato che però significava tutto. Mi correggo! I tifosi lo avevano capito e così l’Olimpico è stato davvero una casa: il 13 marzo ha cantato dal primo minuto di gioco fino allo scadere del recupero, ha accompagnato la palla di Dzeko in porta sotto la Sud quasi come se in campo ci fossero tutti e cinquanta mila.

Ecco che  si è arrivati ai quarti dove ad attendere, però, c’era il Barcellona

L’ indiretta ma pungente “esultanza” dei quotidiani spagnoli per il sorteggio e quelle percentuali che volevano la Roma lasciare spazio ai blaugrana, diventavano  ancora più nette dopo il 4-1 al Camp Nou. In questa occasione, ancora una volta, non si era considerata la prestazione giallorossa, un risultato bugiardo dovuto a due autoreti, e neppure quel gol di Dzeko che sembrava superfluo. I pronostici parlavano chiaro: il Barcellona è in semifinale. Ma cosa sono le percentuali nel calcio? Possono delle quote stabilire cosa accadrà in un gioco reso speciale dalle emozioni che quella imprevedibile palla rotonda sa regalare?  

A quanto pare la maggior parte della gente è di questo pensiero e allora quando la formazione di Valverde è arrivata a giocarsi la partita con tre gol di scarto, credeva come il 90, anzi, il 99 % delle persone che avesse già il pass in tasca. Quel restante 1% può essere riconducibile ad una sola parola, Roma. La Roma dei giocatori, del tecnico, della società e di quei tifosi che ancora una volta erano lì, in meno di mezza giornata dall’apertura delle vendite libere avevano reso l’evento sold out.

Ed ecco che il tappeto rosso che ci si aspettava venisse steso ai catalani è stato decorato anche di giallo e quel bombon che non vedevano l’ora in Spagna di assaggiare non aveva più il sapore dolce della vittoria che speravano, ma quello amaro della sconfitta. I giganti del Barcellona che non è solo la squadra di Messi, ma anche di Suarez, Iniesta, Busquets, Rakitic, Pique e chi più ne ha più ne metta, sono stati battuti da quella Roma che secondo le tanto famose percentuali a gennaio avrebbe dovuto giocare l’Europa League. E invece siamo ancora qui, grazie alle reti di quelli che a Barcellona avevano in un modo o nell’altro messo la firma sulla partita. Edin l’ha riaperta, De Rossi e  Manolas l’hanno riscritta, ma è la squadra ad averla chiusa. Una montagna scalata, un’impresa storica riuscita a solo altre due formazioni di recuperare tre gol di scarto e una remuntada che di spagnolo ha soltanto il nome.

Quel triplice fischio ha significato un connubio impossibile da spiegare a parole perché le parole in quel momento non c’erano, hanno lasciato spazio  alle emozioni. Incredulità, gioia, quel “bum bum” del cuore divenuto per un attimo percepibile all’udito e sovrastato poi dal suono dei clacson, delle trombette, delle voci dei romanisti che si sovrapponevano l’un l’altra. “ Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo dimmi cos’è che ci fa sentire uniti anche se siamo lontani ”: questa frase di  quella meravigliosa poesia d’amore di Venditti che per ogni giallorosso è un must ha preso in pochi minuti forma. Si è diventati da perfetti sconosciuti ad amici di sempre, uniti da una fede.

Li hanno chiamati caroselli, si è detto le solite “cafonate” di una piazza che non vince mai. Ok, non si vince spesso, anzi quasi mai ma non insegnateci come si tifa. Roma è una piazza suscettibile alle critiche più varie, ma non è seconda a nessuno per l’amore verso i propri  colori. Non c’è il manuale di bon ton del tifoso che illustri come festeggiare, non è necessario dover tenere un profilo basso perché le migliaia di persone che hanno scelto di passare le notti fuori dai Roma Store o dalla ricevitorie abilitate, che hanno messo la sveglia all’alba pur nella consapevolezza della difficoltà di trovare un biglietto per Roma- Liverpool, quelle che vivono l’attesa di questa sera come un bimbo aspetta l’arrivo di Babbo Natale, sono già una grande vittoria.

In tre ore i biglietti per il due maggio erano terminati, tutti vogliono esserci e chi non sarà lì sarà come se ci fosse:  per questo chi segue il calcio, comunque vada , non perde mai.  Questi due match di andata e ritorno contro i Reds possono scrivere la fine o il continuo di questo matto ma straordinario percorso in Champions in questa stagione. Forse è cominciato inconsciamente ma le cose inaspettate sono sempre le più belle e adesso ci siamo, ci stiamo giocando la finale ed è giusto farlo con la consapevolezza di essere arrivati fino a qui per merito, di aver superato le grandi,  ostacoli come Chelsea,  Atletico Madrid, Barcellona .

Viaggeremo anche tra alti e bassi, con le polemiche del caso all’ordine del giorno, le critiche eccessive, gli sbalzi di umore,  l’esagerazione nelle reazioni e i mancati trofei da inserire nelle bacheche, ma tra le quattro squadre più forti d’Europa in questa stagione c’è un’unica squadra italiana, ed è la Roma.

Chiara Vernini