Javier Zanetti è stato uno dei simboli dell’Inter, di cui è stato il Capitano e il giocatore con più presenze e titoli vinti nella storia nerazzurra

L’avversario più difficile che abbia mai avuto è stato lui. Lo incontrai per la prima volta nel ’99, ai quarti di Champions. Lui terzino destro, io ala sinistra. M’impressionò per le sue qualità: rapido, potente, intelligente, esperto. È stato l’avversario più duro in assoluto. Un campione completo.

Così Ryan Giggs, calciatore del Manchester United, ricorda “El Tractor”, al secolo Javier Zanetti, il calciatore che probabilmente più di ogni altro ha incarnato i valori dello sport.

Uomo simbolo dell’Inter, di cui è stato Capitano, è il calciatore che ha avuto più presenze nella storia nerazzurra, ben 858, ed il campione con più titoli vinti nella squadra: cinque scudetti, quattro Coppe Italia, quattro Supercoppe italiane, una Coppa Uefa, una Champions League e una Coppa del mondo per Club.

Di origini friulane ma nato a Buenos Aires (dove la famiglia si era trasferita), Javier era un bambino quando l’Argentina vinse il Mondiale nel 1978; una vittoria che lo appassionò a tal punto da convincere il papà a costruire un piccolo campetto di erba e sabbia nel quartiere dove viveva e dove non esisteva alcun topo di campo da calcio.

Proprio li Javier inizia a tirare i primi calci ad un pallone, sognando di replicare le gesta di Mario Kempes e Daniel Passarella. 

Reclutato nell’Independiente, viene però in seguito scartato perchè ritenuto troppo gracile. Quello che inizialmente è un dispiacere si trasformerà in un’opportunità. Infatti Zanetti inizierà a lavorare nei cantieri insieme al papà e questo lavoro di fatica contribuirà a forgiarne la muscolatura e ad essere preso nelle giovanili del Talleres. 

Di li inizia una scalata che nel 1993, ventenne, lo porta nella massima serie argentina: acquistato dal Banfield con la maglia numero 4 che curiosamente non ha mai cambiato.

All’Inter arriva fortemente voluto dal presidente Moratti che, visionando un filmato, rimane folgorato dal suo gioco. Giunge al ritiro estivo a Cavalese nel 1995 con un sacchetto di plastica in mano che contiene le scarpe da gioco.

Così lo ricordano tutti, umile e straordinariamente bravo in campo tanto che Bergomi disse: “Primissimo allenamento, facciamo possesso palla. Lui non la perde mai, gli resta sempre incollata al piede. Quel giorno pensai che avrebbe fatto la storia dell’Inter”.

Da li inizia davvero la leggenda di Pupi (altro nomignolo affibbiato a Zanetti dal fratello quando ancora giocava in Argentina) all’Inter, squadra che ha sempre definito come la sua casa.

Al di là delle indubbie doti tecniche, Zanetti è portato ad esempio anche per la sua personalità: sempre corretto, rispettoso, gentile e sereno. 

Un campione amatissimo dai suoi compagni e dai tifosi ma anche da chi lo ha avuto come avversario.

Campione dentro e fuori, Javier è molto attivo anche nel sociale con iniziative benefiche  (un impegno che gli ha portato molti riconoscimenti e premi), non da ultimo la fondazione, insieme alla moglie, dell’organizzazione no-profit Fundacion P.U.P.I. che sostiene i bambini disagiati di Buenos Aires.

Silvia Sanmory