‘Buona l’ultima’. È così che si conclude l’avventura in Nazionale per Luciano Spalletti. L’Italia ha battuto la Moldavia per il risultato complessivo di 2-0 (reti firmate da Raspadori e Cambiaso.)
Una lunga estate quella che ci attende, tra colpi e affondi calciomercato, per poi arrivare alle due sfide di settembre: contro l’Estonia prima e poi concludere con Israele. Un viavai lunghissimo che ci porterà alle sfide conclusive delle qualificazioni al prossimo Campionato mondiale.
“Stavolta io ho commesso degli errori, ma non so quali. Io ho creduto in questi giocatori che ho scelto e continuo a farlo. Chi verrà dopo di me spero che faccia molto meglio di me e che vada al Mondiale. Ma se fossi rimasto, è perché credevo di andare al Mondiale. C’è stato un risultato brutto in Norvegia, ma c’era tutto il tempo per rimediare o per farlo nei playoff.”
Queste le parole dell’ormai ex tecnico toscano, rilasciate poche ore prima del match, annunciando il suo esonero.
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Come ricordiamo, al momento, l’Italia è terza nel girone con appena tre punti. Prima la Norvegia con 12, a cui segue Israele con 6. A pari punti con l’Italia, l’Estonia e fanalino di coda la Moldavia con 0 punti.
Una situazione già di per sé complicata, ma che può assumere anche un connotato disastroso. La classifica è già di per sé impietosa.
Ma dalla sua parte l’Italia ha la possibilità, e il dovere, di vincere tutte le partite da qui a metà novembre. L’ultima sarà proprio, in casa, contro la Norvegia. Dovesse vincerle tutte molto probabilmente aggancerebbe Haaland e compagni.
In caso di parità, il primo criterio non sarà quello degli scontri diretti, ma della differenza reti generale. Situazione già “complicata” per gli azzurri: dopo quattro partite la Norvegia è già a +11. L’Italia è invece a –1 dopo due sfide.
Vincere e segnare tanti gol. Soltanto così potrà esserci ancora una possibilità. Non c’è altra scelta.
O così o l’Italia si ritroverebbe per l’ennesima volta fuori dai Mondiali.
A quel punto ci sarebbe, però, l’ultima spiaggia: i pareggi play-off. Proprio su quest’argomento ha parlato nel prepartita ai microfoni di Rai Sport, il capo delegazione degli Azzurri Gianluigi Buffon:
“Qualificazione al Mondiale? La squadra deve farcela, perché è un obbligo. Ci sono partite nelle quali incontri avversari più o meno forti. Stasera sono convinto che si riscatterà e farà una partita di livello perché è quello che ci attendiamo.”
Un peso, un’onta addirittura che l’Italia non può permettersi di riaffrontare. Assente per tre volte dal campionato mondiale sarebbe fin troppo inconcepibile.
Quattro mondiali vinti, due finali (perse) contro il Brasile, un nome inciso nella storia accanto a giganti del Calcio Nazionale.
Nella graduatoria FIFA, in vigore dall’agosto del 1993, ha occupato il primo posto per svariate volte, nel novembre di quell’anno e nel corso del 2007. Peggior piazzamento? Ventunesimo posto nell’agosto del 2018 (dopo la mancata qualificazione a Russia ‘18). Attualmente occupa il nono posto, dietro il Belgio.
“Non c’è più senso di appartenenza. C’è chi rifiuta la convocazione. Come si fa a trasmettere il senso di appartenenza?”
Queste le parole, invece, di Silvio Baldini, allenatore del Pescara, appena risalito nella serie cadetta.
E forse non ha tutti i torti.
“Noi abbiamo l’onore e la fortuna di indossare questa maglia e dobbiamo capire che siamo noi che indossiamo questa maglia e non riusciamo ad esprimerci al 100%,” ha dichiarato Giacomo “Jack” Raspadori, al termine del match che lo ha visto protagonista.
Un onore indossare la maglia che negli anni ha rappresentato il nostro Paese all’estero. Un tempo sinonimo di eccellenza calcistica e trionfi mondiali.
Più di una sconfitta sportiva. Una ferita nell’orgoglio nazionale e una frattura generazionale. Un’intera generazione che non ha mai visto l’Italia giocare ai mondiali, dopo che la vittoria nel 2006 sembrava aver spianato le porte.
Allenatori leggendari come Vittorio Pozzo, Enzo Bearzot e Marcello Lippi e protagonisti diventati miti per generazioni. La vittoria del 1982, simbolo di riscatto nazionale, è ancora oggi ricordata con orgoglio.
Ma quali sono le cause? Semplicissimo. Il declino della Nazionale riflette una crisi più ampia del calcio italiano. Mancanza di vivai per formare giovanissimi, e non solo cercare sempre e soltanto il risultato, il talento, a differenza di Spagna e Francia.
La formazione tecnica e tattica necessita di un profondo rinnovamento, con maggiore attenzione alla tecnica individuale e all’adattamento tattico.
Mentalità speculativa, infortuni di troppo, società che spesso si affidano a giocatori stranieri, anziché puntare su giovani italiani. Tante piccole lacune che unite diventano il grande problema della Nazionale.
Una difficoltà che va oltre il cambio del commissario tecnico e la rosa di giocatori. Come finirà questa storia? L’Italia riuscirà a qualificarsi?
Per il momento resta ancora un’incognita, visto il rifiuto di Sir Claudio Ranieri a diventare ct della Nazionale. E forse è proprio questo l’ennesimo problema. Un presidente che “caccia” un allenatore per poi non trovare il sostituto.
Ranieri era la prima scelta. Il “piano B”, se non della “disperazione”, sarebbe Stefano Pioli che, però, sta trattando l’uscita con l’Al-Nassr per tornare nuovamente in Serie A alla guida della Fiorentina.
Ora o mai più. L’Italia ha una sola strada davanti a sé: vincere. Non c’è margine di errore, non c’è spazio per le incertezze. Questa Nazionale ha il dovere di dimostrare che il suo passato glorioso non è un ricordo lontano, ma una realtà ancora possibile. Serve orgoglio, determinazione, e soprattutto risultati. Perché fallire ancora una volta sarebbe imperdonabile.
ROSARIA PICALE