L’Inter contro l’Empoli ancora una volta per la Champions all’ultimo minuto. Non qualificarsi passo indietro stagionale ma non fallimento progettuale. A San Siro, però, tutti presenti per orgoglio prima che per il progetto

 

L’Inter fa ancora una volta l’Inter e come da corredo genetico, questa sera l’Inter si giocherà a San Siro la qualificazione in Champions, nonché un altro pezzo di se stessa. Della sua storia. Del suo presente e del suo futuro e come sempre invoca il passato, o semplicemente se ne porta dietro gli strascichi. Il lupo perde il pelo ma non il vizio e come l’anno scorso si gioca il tutto per tutto all’ultima giornata.

Tralasciando dietrologie e rispolverate di pezzi di passato che attestano quanto l’Inter sia sempre stata quella dell’ultimo momento, stasera in ballo c’è la sorte di una stagione e dell’orgoglio che ne deve derivare, ma anche del futuro. Giocare la Champions la prossima stagione è già futuro, tuttavia quanto detto ieri da Spalletti in conferenza non è poi una follia come potrebbe sembrare. Perdere contro l’Empoli potrebbe essere un fallimento certamente, le valutazioni però potrebbe essere corretto farle alla fine. A risultato scritto.

Esattamente come l’anno scorso. In caso di sconfitta questa sera contro l’Empoli sarebbe fallimento stagionale e fallimento del progetto Inter?

Questa sera si giocherà anche il prosieguo del progetto Inter iniziato con l’avviamento dei motori Suning. Dopo il primo periodo di insediamento e ‘ambientamento’ al nuovo mondo d’occidente, la proprietà Suning ha ha cominciato a investire nella sua idea di Inter ad alti livelli. Percorso – si può dire – iniziato concretamente con l’arrivo di Spalletti. Dopo De Boer, primo allenatore sotto il nuovo cda, sembrava essere cominciata una giostra che faceva temere l’epoca dei vari cambi tecnici da Benitez in poi passando per Gasperini (al quale non è stato dato neppure il tempo di iniziare). Con Spalletti in panchina lo scorso anno è cominciato un cammino culminato con la vittoria all’Olimpico che ha coronato l’obiettivo stagionale, seppur con acqua e cuore alla gola.

Matias Vecino - Lazio Inter

La stagione che si concluderà stasera contro l’Empoli finirà con la possibilità di conquistare ancora una volta l’obiettivo stagionale allineando i risultati sul campo con gli step di crescita del macro progetto al quale si punta. In caso di sconfitta, quindi di Europa League, invece si parlerà quasi certamente di passo indietro per non dire fallimento stagionale, che dir si voglia.

Toppare la qualificazione in Champions passo indietro o apocalisse?

Senza dubbio toppare la Champions sarebbe un passo indietro in termini di risultati, tuttavia da valutare ci sarebbero vari aspetti che meriterebbero attenzione. L’errore di base che distorce un po’ la soddisfazione finale è prima di tutto l’aspettativa che ogni interista (e non) si era posto ad agosto senza valutare le contingenze del caso, sulla base di un mercato che – bando alle ciance – se si fossero verificate meno sfortune sarebbe risultato più che buono.

A inizio stagione c’era chi definì l’Inter l’anti Juve. La rosa che il 17 agosto 2018 i nerazzurri avevano allestito per la stagione che stava per cominciare lasciava credere in un andamento stagionale più fluido verso gli obiettivi e la qualificazione in Champions non è stata quasi mai messa in dubbio. Se lo scorso anno la qualificazione sembrava una scommessa intrisa di quel non so che di magia e sorpresa insieme, quest’anno sembrava essere quasi un dovere, persino semplice da adempiere. Così non è stato e l’epilogo dovrà essere lo stesso dell’anno scorso. Diversamente rimpianti, rammarichi ma anche mea culpa sarebbero d’obbligo.

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Il tifoso vuole quella Champions e gli undici che scenderanno in campo dovranno fare il possibile per conquistarla e su questo non ci piove. Ma bisognerebbe forse darsi un po’ di tregua e riflettere che l’impazienza porta alla poca lucidità.

L’Inter non vince un trofeo da fin troppo tempo e i tifosi ben stufi dei soli ricordi vogliono risultati sul campo prima di tutto. Ma le tante variabili di cui il fenomeno calcio odierno inevitabilmente risente ci sono e andrebbero valutate. Per fortuna o per sventura.

Il calcio è cambiato e l’epoca del calcio esclusivamente sul campo è finita da un pezzo: il calcio azienda

La concezione che il calcio sia ormai mutato, diventando un discorso aziendale a tutti gli effetti e sotto tutti gli aspetti è un dato di fatto non del tutto interiorizzato. Il mondo va veloce e tu stai indietro. Ogni società calcistica andrebbe intesa come “brand” la cui crescita va valutata sotto più profili.

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Come brand e come azienda, l’Inter nell’ultimo anno e mezzo è cresciuta su più livelli e per quanto la voglia di vedere i risultati in campo sia piuttosto forte, va da sé comprendere che rafforzare alcuni aspetti societari, piano economico in primis, sia la base dalla quale partire. Diversamente il brand faticherebbe a decollare e a risentirne anche e soprattutto i risultati sul campo. Risultati che inevitabilmente stenterebbero ad arrivare se così non fosse.

La crescita del brand Inter e l’uscita dal settlement agreement

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Poco più di una settimana fa la Camera di Investigazione dell’Organo di Controllo Finanziario dei Club ha confermato l’uscita dell’Inter dal settlement agreement, il che significa che l’Inter dal 1 luglio sarà libera dalle maglie asfissianti imposte dal rispetto dei parametri concordati con l’UEFA per riassestare la propria posizione finanziaria. Libera di investire senza l’obbligo delle plusvalenze, la dirigenza nerazzurra potrà agire sul mercato più liberamente, senza contare che ad agosto potrà pure compilare una lista UEFA completa e non ridotta ai minimi termini come è stata costretta a fare ad agosto scorso.

Il che significherebbe avere margini di serenità diversi sui campi europei. Introiti in aumento, crescita del brand Inter sotto tutti gli aspetti, anche sotto l’aspetto ‘social’ – aspetto questo banalmente sottovalutato a torto. Mano ai bilanci, certificato l’innalzamento del capitale in entrata verso la sede di Vittorio Emanuele che in Vittorio Emanuele fra poco non sarà più (altro aspetto sostanziale di crescita), l’Inter negli ultimi ventiquattro mesi circa ha realizzato un ottimo lavoro. Lavoro frutto di sforzi e zelo che molti dimenticano o di cui si curano solo all’occorrenza.

Sotto molti aspetti, cannare la partita di questa sera potrebbe essere un passo indietro comprensibilmente. Ma il tutto potrebbe avere un peso piuttosto relativo.

marotta.zhang.Inter

Se dessimo uno sguardo all’Inghilterra, alcuni Club ci insegnerebbero a guardare i risultati sul campo con meno disfattismo. Certo, non qualificarsi in Champions significherebbe un rallentamento del processo di crescita che si è stilato. Gli introiti che la qualificazione nella massima competizione europea porterebbero non sono da poco. I bonus al Club, i diritti Tv, i milioncini degli sponsor… Una serie di ‘più’ che l’Inter non può decidere di buttare. Tuttavia se ciò non dovesse accadere, il marchio Inter ne risentirebbe solo relativamente. Al di là dei vari bonus che verrebbero meno, nel Mondo, l’Inter continuerebbe a farsi largo con il progetto di rimpolpamento del brand che ha iniziato e che intende portare avanti. E dispetto di molti proseguirebbe per la sua strada.

L’arrivo di Conte non è un caso. Seppur in contrapposizione etica, morale, sentimentale (chi più ne ha più ne metta) per il suo passato bianconero, Antonio Conte rappresenta uno dei migliori nomi in circolazione e il suo arrivo gioverebbe ad incrementare quel prestigio che il Club vuole raggiungere. Senza dubbio per la prossima stagione quantomeno in campionato si delinea già un panorama competitivo ad un livello superiore a quello delle scorse stagioni, compresa quella in conclusione. Complice appunto la possibilità di un mercato meno protezionista che fa sperare in bene, se non in grande, a prescindere dal grado di Europa che si giocherà.

Certo la Champions è più saporita, specie perché in ballo c’è appunto l’orgoglio di una stagione e di un uomo chiamato Spalletti. Giunto praticamente alla sua ultima, la parentesi dell’uomo di Certaldo ha rappresentato uno snodo cruciale per la storia recente dell’Inter presente e futura. Non prenderne atto sarebbe grave e indecoroso, al di là di tutto.

Con o senza la Champions, a differenza dello scorso anno, quest’anno non sarebbe un dramma. Brutto, ma non un dramma. Perché?

Perché se lo scorso anno la spinta verso l’alto necessitava dello scoppio di partenza che la qualificazione avrebbe rappresentato, quest’anno quella stessa crescita è stata già innescata e un’eventuale Europa League sarebbe una gomma forata più che un motore fuso. Questo secondo i parametri del concetto corrente di calcio.

A livello aziendale cambierebbe ma solo relativamente e la partita di stasera quindi potrebbe significare, come dice Spalletti, semplicemente il luogo in cui si giocherà il prossimo anno.

San Siro sold out

Intanto questa sera tutti a San Siro a prendersi la Champions per l’orgoglio prima che per il progetto

Anche questa sera il Meazza è verso il sold out e ai già notificati 65mila di ieri si aggiunge un terzo verde quasi già pieno. Avrà detto bene ieri Luciano, oggi a San Siro ci sono proprio tutti. Tutti all’appello per l’ultimo sforzo nella riconquista della Champions. Tutti inteso non solo per i 23 convocati, ma come tutto il popolo nerazzurro. E allora forse che sia battaglia, che sia festa, oggi a San Siro quei tutti ci saranno per qualcosa che passa sopra ogni concetto di progetto e aziendalizzazione.


In alto le nostre bandiere. San Siro siamo noi. Milano siamo noi. Seduti un attimo a prender coscienza di chi siamo e di quanto fatto. Questa sera al Meazza tremante tra le vibrazioni degli oltre 70mila nerazzurri si scriverà un nuovo verso della storia di sé stessi.

Tenendo d’occhio anche l’angolo di Ferrara con il Milan in agguato, cedere il passo questa sera significa esserci per quelle logiche di campo che nessun’azienda potrà mai considerare. Se di anima a questo calcio qui ne è ancora rimasta, rendiamo giustizia alle parole di Spalletti e questa sera prendiamoci ancora la Champions. Se non altro per una questione di orgoglio. Unica cosa ma non meno importante.