Punto e a capo.

Terra chiama Inter. Per coerenza, orgoglio (?) o, semplicemente per immaturità, gli uomini di Pioli non accettano regali e come se gli sprechi non fossero stati già abbastanza continuano a sprecare di tutto: Occasioni, palloni, tempo e punti. Soprattutto punti. Già il pari di Torino aveva riportato sulla terra i sognatori, quelli che dopo i vari inciampi dei partenopei e la vittoria sull’Atalanta avevano pensato che il terzo posto non fosse poi così impossibile. La matematica è la legge dei giusti dicevano, eppure, la matematica non è una legge universale, a quanto pare. Come il buon Prisco insegnava, quando a giocare sono Juve e Milan se si potesse ci si auspicherebbe una sconfitta per entrambi e quando a scendere in campo è il Napoli anziché il Milan la situazione non migliora di molto soprattutto se è proprio il Napoli ad occupare quella casellina della classifica tanto ambita. Da quel match viene, però, fuori il risultato che più fa comodo, un pareggio che fa felici i meneghini; pareggia poi anche il Milan e lo fa con un autogol contro il Pescara e l’entusiasmo e l’ottimismo che ne scaturiscono sono, a posteriori, sprecati (anche quelli). Tocca all’Inter chiudere la giornata e avendo già tutti i risultati nero su bianco, la voglia di vincere sarà raddoppiata…dicevano. La voglia c’è, i giocatori anche (così sembrerebbe), peccato manchino come da cliché lucidità e soprattutto zelo. Partita satolla di errori tecnici e mancanza di personalità in primis. Non è grave commettere un errore, è grave non rimediare ed è ancora più grave ripeterlo. Punto e a capo ripeto, perché dopo la partita di ieri il punto è sempre lo stesso ed è da capo che bisogna ricominciare. Con Pioli l’Inter è maturata e pure tanto, ha ritrovato consapevolezza e messo a punto un sistema di ingranaggio che ha rivitalizzato la squadra ma il cammino è palesemente ancora tortuoso e la maturità è tutt’altro che conseguita. Errori tecnici individuali ed episodi che trascinano ineluttabilmente l’andazzo generale verso il disfacimento degno di Caporetto e se un singolo giocatore non può fare una squadra, l’assenza di un altro può di certo rompere gli equilibri e disfare quella stessa squadra. L’infortunio di Gagliardini incide notevolmente sulla gara e sebbene Kondogbia, subentrato al suo posto, non abbia fatto male, non rende quanto il predecessore e il calo che consegue all’uscita del numero cinque è tangibile specie perché al suo fianco si ritrova uno spompatissimo e disordinatissimo Marcelo Brozovic anni luce lontano da quello epico. L’appellativo “Epic” non sottintendeva un’evoluzione tragica ma, a quanto pare, l’ellenismo è (letteralmente) sfuggito di mano al croato che dopo essersi addormentato sull’azione che dà origine al pareggio rincara la dose sulla punizione di Alvarez sbracciandosi in area piccola, giallo, rigore e vantaggio blucerchiato. Sebbene sia fin troppo semplice e forse ingiusto e meschino addossare esclusivamente sulle sue spalle il fardello della disfatta, è sicuramente il numero 77 uno degli autori principali dell’opera tragica messa in scena la scorsa notte in quel di San Siro. L’involuzione di Brozovic è solo un aspetto dei tanti aspetti negativi che hanno investito ieri i nerazzurri, aspetti negativi che investono proprio tutti, Pioli compreso che nei cambi ha osato fin troppa poco dimostrando quasi un certo timore che di certo non è stato d’aiuto.  Non a torto pretende ora una reazione dalla squadra, e forse pure da se stesso, reazione che sia all’altezza di una big quale dice di voler diventare e noi, in qualche misura vogliamo crederci specie perché crediamo sia l’uomo giusto che merita fiducia e tempo nonostante la disillusione ha, ahinoi, preso il sopravvento.
Egle Patané