“Dybala deve fare il tuttocampista”.

Questa l’ultima trovata di Massimiliano Allegri sull’utilizzo di Paulo Dybala, che al suo quarto anno alla Juventus è stato spostato un po’ qua, un po’ là, in base al bisogno (e al capriccio). Soltanto la prima stagione la Joya è stata impiegata in quello che è il suo genuino ruolo:una efficace, micidiale seconda punta.

Sostituito – per l’ennesima volta –  ieri, scuotendo mestamente la testa, dopo una gara passata soprattutto a prendere botte e portare via gli avversari ai compagni.

Una scena che mi ha richiamato alla memoria uno scritto, casualmente letto qualche giorno fa su Calciomercato: “Dybala, la ballata triste di un campione”, il cui autore risponde al nome di Fernando Pernambuco. Una vera e propria ballata in versi, in cui si dispiegano le dinamiche del nuovo Paulo Dybala, che nulla ha a che vedere con quello vecchio.

Triste. Mai aggettivo si rivelò più azzeccato.

Triste vedere come un attaccante di così straordinario talento, che ci ha deliziato con giocate da urlo e gol di fattura pregiatissima, sia relegato nelle retrovie  a tagliare e cucire al centro del campo, per sopperire alla carenze di un reparto non all’altezza della Juventus. Con un  indiscutibile comando: “Gli han detto che segnar troppo no,  non può. Tornare indietro, passar la palla, prender le botte, poi si vedrà”Così leggiamo nella ballata, così trapela dal campo.

Come se la sua capacità realizzativa (parliamo di una mezza punta da venti e più gol a stagione) sia stata obbligatoriamente castrata, per lasciare il posto – e la scena – a qualcun altro. 

Che poi, Dybala sarebbe un tuttocampista per ‘determinate caratteristiche’. Ma quali caratteristiche, nella fattispecie, lo rendono così tagliato per viaggiare a tutto campo? E’ forse noto per la sua capacità di partire in progressione, di gamba? Non ci sembra. Eccelle forse nell’impostazione del gioco, nel lancio lungo? Non ci sembra nemmeno questo: per quanto intelligente e dotato di visione di gioco, non è la sua prerogativa maggiore. Dybala è un animale da area,  capace di sentenze assolute dai 16 metri: allontanato da essa, le sue indicibili doti tecniche si perdono fino a dissolversi. Come un pezzo di seta, che lavato a un programma sbagliato ne risulta inevitabilmente rovinato.

Ma la seta, comunque, non è diventata – e non sarà mai – tessuto sintetico.

Con impegno e forza di volontà, con un amore per la Juventus mai sbandierato con mani sul cuore, ma dimostrato con i fatti, Paulino si cala in quello che gli viene chiesto, con la caparbietà tipica di chi non vuol deludere soprattutto se stesso, attingendo a tutte le sue risorse: interpreta e lotta come ha fatto ieri, per 70′. Tacciato di poco rendimento, di poca incisività, resta comunque quello che ha maggiormente cercato il gol – che, come da sua ammissione, tanto gli manca. Nonostante le tante energie impiegate in altro, che alla fine gli toglie lucidità: “prende le botte, torna in difesa, poi verso l’area tira in tribuna per troppa spesa”, sentenzia la ballata.

 

“Se eri nato da modello per sfilare ed essere bello, entrare in area come un trasgressore, ora rassegnati. Non sei un pirata, né un signore o un indomabile creatore, ma un più modesto sarto: un gran ricucitore”.

 

Così si conclude il testo di Pernambuco, così concludo io: il Dybala della Maschera, il Gladiatore, nato per essere in prima fila – la metafora del modello è quanto mai azzeccata, per l’eleganza e la maestria del giocatore – è relegato a fare un lavoro  (forse nemmeno così utile)  di cucitore. Un modesto sarto. Del ragazzo gioioso destinato a incantare con il suo sfavillante sinistro, nulla o quasi è rimasto.

(Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

Farlo tornare equivarrebbe a un  miracolo. Al Gladiatore è stato tolto il campo di battaglia: nessuno, forse, ha creduto realmente in lui.

E’ tempo di dirselo, senza giri di parole: il Tuttocampista ha ‘ucciso’ – definitivamente – la Joya.

Daniela Russo