“Il calcio è solo un gioco”.

Quante volte abbiamo sentito questa frase a proposito del calcio? Un’infinità,  credo. 

Così come, un’altra infinità di volte, ci siamo trovati a toccare con mano la falsità di questa affermazione.

Non so voi, ma io non ricordo oramai le volte in cui, nell’arco della mia vita da tifosa, mi sono ritrovata a pensare al calcio come a un balsamo che mi consolava in un momento difficile o che mi dava un dolore senza fine.

Il calcio – come ogni sport – coinvolge ogni sfera delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti.

Non potrà mai essere solo un gioco.

Sicuramente non lo è stato per Paulo Dybala e per la tifoseria della Juventus ieri sera, al termine di Juventus-Inter.

E non per la sconfitta bianconera, o meglio, non solo per la sconfitta.

Il Diez bianconero – ancora per poco, ancora per poco più di un mese – si è diretto mestamente verso la curva al fischio finale, con passi lenti e quasi faticosi. I passi di chi sa che ognuno di essi conduce a un addio, inesorabile, sofferto.

Trattenendo a fatica le lacrime, l’argentino si è fermato un attimo con il suo pubblico, stringendo una mano dopo l’altra, lasciandosi coccolare, accarezzare, prendendosi per le ultime volte quell’amore di cui si è sempre nutrito da quando gioca per la Vecchia Signora.

Un amore su cui nessuno sembra pronto a scrivere la parola fine.

Un amore che per Paulo Dybala – di questo sono sicura, conoscendo la sua storia – è stato quel balsamo di cui parlavo prima, una necessità insita in lui, nel suo animo ancora un po’ da bimbo.

Un tentativo di colmare una voragine che nulla, se non la rassegnazione stessa, potrà colmare.

Un amore che per coloro che lo provano resta un desiderio acceso di un finale diverso, perché quando una storia finisce si può e si deve piangere, ma le lacrime non dovrebbero essere amare e rabbiose, come in questo caso.

Tra Paulo Dybala e il suo pubblico, lo stesso che gli ha chiesto più volte di restare, lo stesso che lo ha applaudito contro la Salernitana perché già respirava l’addio, l’amore comunque non finirà.

Indipendentemente dalla separazione.

Fa parte di quelle alchimie fragili ma meravigliose che si creano tra il pubblico e il proprio beniamino. E quanto sapientemente Paulo Dybala ha saputo creare questa alchimia!

Con il suo calcio magico, con quel suo viso sempre sorridente, con la sua capacità di illudere e, anche , di deludere…

 

Resta il sapore acre per un finale scritto da una penna avvelenata, quasi come se l’autore avesse deciso, di colpo, di cancellare sette anni di vittorie, di sconfitte, di sorrisi e di lacrime.

Ma lo scrittore non ha fatto i conti con la serata di ieri, e con le altre che seguiranno. Perché l’addio tra Paulo Dybala e il popolo bianconero deve ancora consumarsi del tutto.

Anche dopo l’addio, il nome di Dybala, quanto da lui  fatto nel suo periodo in bianconero resterà scritto, come sono rimasti tanti altri prima di lui.

Se la maglia della Juventus conta così tanto è perché dentro ci sono delle persone, delle emozioni, dei sentimenti. È perché ci sono stati ( chissà se ancora ci saranno) giocatori come Dybala, splendidamente umani, splendidamente emotivi.

 

Se il calcio è una parte così importante delle nostre vite ancora oggi, malgrado tutto, è perché non sarà mai solo un gioco. 

 

Daniela Russo