Ammirato dai suoi tifosi, temuto e invidiato dagli avversari.
Oggi Zlatan Ibrahimovic percorre il suo cammino verso l’Olimpo, si guarda indietro fiero della strada percorsa e afferma con quel pizzico di ego che gli appartiene:

“Sono più di una leggenda. Dovunque vado domino”.

Era il 3 ottobre del 1981 quando Sefik Ibrahimovic e Jurka Gravic, due immigrati jugoslavi, diedero vita a quello che sarebbe diventato uno dei calciatori più forti di sempre nonché una delle personalità più chiacchierate del calcio mondale.

Ce la immaginiamo come una scena quasi religiosa, quella della nascita di Zlatan Ibrahimovic, questo il nome della piccola promessa di Malmo, e, in effetti, il 38enne svedese ha sempre amato ergersi a una divinità.

ibrahimovic

Quando un giornalista, durante il play-off dei Mondiali del 2014, gli chiese un pronostico del match contro il Portogallo, Ibra disse che quella risposta poteva saperla solo Dio (sprazzi di
umiltà), il giornalista obiettò, simpaticamente, che non era così facile arrivare a chiederglielo e lo svedese sfrontato replicò con un modesto: “Ce l’hai davanti!” (ah, ecco, ora lo riconosciamo!)

E ancora, nel 2013, poco prima della partita del Paris Saint- Gemain contro il Lione, l’ex compagno di squadra Marco Veratti racconta quando si stavano preparando per quella partita, Carlo Ancelotti era un po’ teso, e allora Ibra gli ha chiesto se credesse in Dio. Ancelotti rispose di sì e Ibra gli disse: “Bene, allora credi in me. Puoi rilassarti!”.”

Lo svedese, nel corso della sua carriera, ha conquistato Campionati, Coppe Nazionali e Supercoppe nazionali e europee, mancando, però, l’obiettivo Champions League e il premio per il Pallone d’Oro.

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Due pecche che non ammetterà mai, perché ammettere le sconfitte, o in questo caso, le mancanze è vietato dal codice Ibra: “Non cambio i miei trofei per una Champions. Sono stato il migliore anche senza vincerla e non ho bisogno del Pallone d’Oro per sentirmi il migliore” ha affermato con chiarezza.

Ibra di strada ne ha fatta: dal Malmo nel ’95 al L.A. Galaxy, passando per Ajax, Juve, Inter, Barcellona, Milan, Paris Saint-Germain e Manchester United, tutti sogni realizzati per il grande Ibra perché lui, fin da bambino ha sempre sognato di indossare “questa maglia”.

A quale maglia faccia riferimento non si è mai capito bene visto che l’ha affermato a ogni esordio.

Il suo è stato un viaggio nato in Europa e (non ancora) terminato in California, con il L.A Galaxy, dove da subito non ha voluto farsi scappare l’occasione di farsi (ri)conoscere: “Los Angeles, Welcome to Zlatan!”.

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Stile Ibra, appunto!

“Chi compra Zlatan, compra una Ferrari” ha sempre amato dire.

Ibra è così. Genio e sregolatezza. Lo si ama o lo si odia. Unisce chi ce l’ha e logora chi non ce l’ha. Da sempre è stato così, una costante che non potrà mai cambiare. E allora, tanti auguri Zlatan!

 

Sara Montanelli