In un calcio sempre meno calcio in cui non c’è più spazio per le bandiere, a riaprire le speranze degli ultimi romantici la piccola Giulia che sul tema a scuola scrive: “Oggi mi sento triste perché De Rossi se ne è andato”

Il mondo del calcio è sempre più business e meno calcio inteso nei termini in cui lo intendono quei romantici amanti di quello che un tempo era ritenuto lo sport più bello del mondo. Se solo pensassimo a quello che è significato il Mondiale ’82 o a quanta rabbia pervadeva nei nostri occhi nel ’94 o alla delusione di quei quarti del ’98 quando la Francia ci batté, se ci fermassimo a ricordare cosa possa aver significato la finale di Manchester nel 2003 e di quanto devastante sia stato l’addio al calcio di Michel Platini, probabilmente ci renderemmo conto che forse oggi questo è un calcio che non fa più per noi. Ma magari l’addio di Platini è fin troppo datato per essere realmente compreso dal nuovo pubblico del football e allora non sarebbe neppure necessario fare dietrologie tanto dispendiose. Basterebbe nominare i vari Del Piero, Maldini, Zanetti, Totti…ultimi protagonisti di quel calcio di cui ci siamo innamorati e che oggi, stando alla cronaca, sembra non esistere più.

Una sentenza fin troppo austera – direbbero i più critici -. Una conclusione fin troppo disincantata – direbbero i più romantici. Come ogni romantico che si rispetti, però, probabilmente al romanticismo si mischia l’illusione e allora gli ultimi romantici sono magari degli illusi aggrappati a ricordo e speranza insieme.

Ricordo di un calcio che non sembra esistere più, speranza che non sia davvero così

La realtà del quotidiano spezza però sogni e speranze. Dopo Buffon al PSG, Marchisio allo Zenit, Icardi che da capitano si trasforma in Top Model, Hamsik in Cina, il mancato rinnovo di Daniele De Rossi è solo l’ultimo di un sentimento fatto a pezzi. A piangere c’è ancora qualcuno e a dispiacersi e commuoversi è il mondo intero. Non solo quello giallorosso, non solo quello italiano. Fiumi di parole e lacrime che segnano l’addio, l’ennesimo, a quella che è stata un’epoca: l’epoca delle bandiere.

Se da un lato i veterani di un calcio ormai in frantumi vivono la disillusione di un sentimentalismo smaterializzato come suggello di una trasformazione sociale che lascia temere ad un intristimento collettivo, dall’altro c’è chi in quei valori per un verso tramontati sembrerebbe crederci ancora. E allora, magari, la speranza che non tutto sia davvero svanito resiste ancora.

 

Una speranza chiamata Giulia

Quel barlume arriva da una scuola elementare, dove una maestra ha assegnato un banalissimo tema che niente avrebbe a che fare con il calcio. Almeno apparentemente. C’è ancora chi lo ama, calcio è di chi lo ama e per fortuna c’è ancora chi lo ama.

“Descrivere come vi sentite oggi”

immagine: corrieredellosport.it

I bambini sono il barlume di speranza, e quella speranza si chiama Giulia. Una bambina che con l’ingenuità e la purezza di sentimenti che solo un bambino può avere. E sul suo tema scrive: Oggi mi sento triste perché De Rossi se ne è andato dalla mia squadra preferita, la Roma”.

Una verifica che fa commuovere i romanisti e riapre le speranza di quegli ultimi romantici rimasti. Quel cinismo che il calcio di oggi incarna forse non è l’unica forza in auge e forse quelli che all’addio di De Rossi hanno pianto e piangeranno non sono soltanto i soli che hanno pianto all’addio di Del Piero e Maldini. Forse quei romantici non sono gli ultimi.