Ci sono varie forme di violenza che riguardano le donne e tra le più subdole quelle verbali, gli insulti e le allusioni neppure troppo velate che mettono in dubbio le competenze professionali.

E’ caso recente quello di Fulvio Collovati e le sue frasi sessiste in diretta Rai rivolte a l’universo femminile colpevole di avere i cromosomi sessuali che le rendono incapaci di disquisire approfonditamente di materie dai cromosomi maschili.

Illustration by Hanna Barczyk for Foreign Policy

Ci sono poi le allusioni sessuali non richieste…

Secondo i dati emersi dal questionario della Federazione Nazionale della Stampa compilato dalla sua Commissione Pari Opportunità intervistando un campione di oltre 1000 giornaliste coinvolte nella prima indagine italiana sulle molestie nei confronti delle donne che lavorano nel settore dei media, quasi l’85% di loro ha ricevuto pressioni, inviti insistenti, richieste esplicite, ammiccamenti, battutine arrivando in alcuni casi persino a pedinamenti.

Ma il dato più allarmante riguarda la presenza di veri e propri ricatti sessuali per il 35,4% del campione; nella maggior parte dei casi si è trattato di un episodio singolo ma il 18% delle giornaliste intervistate ha dichiarato di essere stata vittima di molestie perpetrate per più mesi; e addirittura davanti ad altri colleghi di redazione che non sono intervenuti oppure hanno cercato di “mitigare” l’accaduto considerandolo un normale corteggiamento.

Piuttosto variegato l’identikit del collega molestatore: un superiore spesso (nel 15% dei casi direttore o vicedirettore), con un’età compresa tra i 45 e i 60 anni.

Nell’era del #metoo con la presa di posizione di molte donne famose che hanno in parte contribuito ed incentivato a denunciare questi episodi, altro dato significativo che emerge dal questionario è invece il fatto che la maggior parte delle donne molestate non ha denunciato l’accaduto.

I motivi principali il fatto che si è trattato di un episodio isolato, il timore che fosse inutile e la paura di essere giudicata male o non creduta; non aiuta sapere che nella quasi totalità dei casi invece denunciati non sono stati presi provvedimenti nei confronti dell’autore nonostante questo abbia ripetuto successivamente le molestie nei confronti di altre donne.

Nei commenti lasciati a margine del questionario si legge:

“Avrei dovuto denunciare e non l’ho fatto per paura delle conseguenze, che purtroppo ci sono state. Il problema è che se chi molesta poi viene ‘tutelato’ dall’editore perché dovrebbe pentirsi di quello che ha fatto?”.

Già, domanda lecita. Perché dovrebbe pentirsi per una cosa che non viene neppure considerata grave e disdicevole tanto da non essere punita?

 

Silvia Sanmory