Con quasi cinquant’anni di carriera, Galeazzi ci lascia un patrimonio di valore inestimabile per chiunque ami lo sport

Questo non vuole né sarà una sorta di elogio funebre,
ma se un professionista come Giampiero Galeazzi se ne va,
il mondo dello sport e non solo quello, è certo di aver perduto un autentico mito.

Un giornalista e un uomo che ha saputo mescolare professionalità e ironia in maniera eccellente, a tal punto da far sentire sempre familiare la sua presenza nelle nostre case.

Dicevamo di quasi cinquant’anni di carriera giornalistica, tra radio e tv, in decine di programmi.

galeazzi 90 minuto

Ma prima che giornalista sportivo, lui è stato uno sportivo.

Uno di quelli veri, di quelli potenti e portentosi, uno che ha praticato uno sport faticoso che non è certo alla portata di tutti.

E anche lì ha sbancato.

E solo lui avrebbe potuto commentare a dovere le gare di quello sport, il canottaggio, alquanto sconosciuto ai più ma che oggi, a distanza di anni e anni, ancora tutti associano ai mitici fratelli Abbagnale e al timoniere Peppiniello Di Capua, campionissimi di tutto e indimenticabili protagonisti di una lunga stagione in cui questa disciplina è stata regina.

Questo anche grazie alle memorabili telecronache di Giampiero, emozionanti, vissute appieno per la conoscenza che lo stesso aveva del canottaggio e che ci sono state trasmesse così com’erano, vive e vibranti.

E poi il calcio…

Lui, tifosissimo laziale, ha consegnato alla storia il 10 maggio 1987 le parole “Napoli Campione d’Italia”, sul prato del fu stadio San Paolo, in mezzo ad un esercito di tifosi azzurri che osannavano la squadra con a capo il Dio del calcio, Diego Armando Maradona.

L’intervista a mister Boskov dopo Inter–Sampdoria, nell’anno dello scudetto ai blucerchiati, quelle ai presidenti delle squadre di calcio di Serie A e quella a Lino Banfi, alias Oronzo Canà, in un simpatico siparietto nell’indimenticabile film “L’allenatore nel pallone”.

E ancora il doppiaggio del cattivo Mr. Swackhammer nel film Space Jam.

Ci sarebbero centinaia di episodi da raccontare, da 90° minuto a tutte le altre trasmissioni di cui è stata imponente colonna.

Perché “Bisteccone” (epiteto datogli dal giornalista Evangelisti) era così: versatile, spontaneo, autoironico, cristallino e gradevole nel suo interpretare il calcio e non solo quello.

Sì, perché anche le nuovissime generazioni lo hanno conosciuto in qualche modo: basti pensare all’esilarante imitazione che ne ha fatto svariate volte in radio e tv il conduttore Nicola Savino, condita di improbabili radiocronache di competizioni al limite del surreale e strafalcione finale con perentoria mandata a quel paese all’indirizzo dell’interlocutore sbigottito.

Lui, educato e professionale, trasformato in un coriaceo buzzicone mostruosamente sopra le righe.

Anche questi sono momenti che hanno reso unico Galeazzi e consegnato alla storia un giornalista unico nel suo genere, senza melensa retorica.

Con lui se ne va un giornalismo che oggi, è triste dirlo, non esiste più. Quello fatto di emozioni esternate con spontaneità e naturalezza, con giornalisti liberi di essere sé stessi e trasmettere il meglio a chi era “soltanto” a casa e non sui sacri suoli del pallone.

E allora un enorme grazie a Giampiero.

Grazie per essere stato un gigante, come lo ha definito un altro signore del giornalismo sportivo italiano, Riccardo Cucchi.

Vogliamo salutarti così… Ciao, mmmmmiticoooooooo!!!

 

Simona Cannaò