Lo sport come linguaggio per promuovere la multiculturalità, la coesione e l’integrazione sociale: sono queste le finalità di Altropallone Asd Onlus. Abbiamo voluto conoscere in modo più approfondito l’Associazione, attraverso le parole del coordinatore Michele Papagna e la vice presidente Giada Pinardi.

Dottor Papagna, da quali esigenze nasce l’idea della Onlus?
L’idea del premio annuale l’Altropallone nasce alla fine dell’anno 1997 sia come protesta nei confronti dello sfruttamento del lavoro minorile e infantile nel mondo delle attrezzature abbigliamento sportive (non solo palloni, anzi soprattutto scarpe) di cui sono state accusate le multinazionali del settore, ma soprattutto come proposta alternativa al premio Pallone d’Oro. L’associazione nasce più tardi nel 2004 dall’esigenza di continuare a dare seguito ai progetti e alle attività “scoperti” attraverso le premiazioni. Altropallone diventa Onlus nel 2009.

Quali i suoi obiettivi?
Gli obiettivi sono promuovere uno sport equo, solidale e popolare, “in alternativa al Pallone d’oro e contro il pallone duro”, contro il razzismo, per l’integrazione e la multiculturalità, come strumento di coesione sociale e partecipazione.

Siete stati partner del progetto “TR4ST” con l’intento di creare una “carta etica dello sport”. Di cosa si tratta?
La “Carta etica dello sport” realizzata a conclusione del progetto europeo TR4ST- The Rules for Sport Talents consiste in 10 punti semplici, e diretti a chi sia a livello amatoriale ma anche professionale si occupa di sport, pensati interamente dai giovani (16-30 anni) provenienti da Italia, Turchia e Ungheria che hanno partecipato alle attività durante i 2 anni di progetto. La carta etica, una volta ultimata, è stata condivisa con le tante realtà che hanno collaborato durante il progetto nei tre paesi coinvolti con l’obbiettivo di promuoverla a livello europeo.

Lo sport è anche integrazione. È il pensiero va ai giovani stranieri. Cosa pensa dell’approvazione, da parte del governo italiano, della Cittadinanza sportiva?
E’ un primo passo, piccolo ma significativo, che giunge finalmente a sanare una evidente contraddizione: nello sport-business (calcio ma non solo) lo “straniero” è sinonimo di fama, soldi e successo, mentre nello sport come pratica quotidiana, come diritto/dovere e buona pratica educativa e formativa, lo “straniero” era sinonimo di “diverso”, di povertà, di… fame (non di fama…). 

Signora Pinardi, le donne e lo sport, un rapporto spesso complicato. Quali le vostre iniziative a riguardo?
Come associazione siamo sempre stati sensibili al tema e da qualche anno abbiamo iniziato ad organizzare attività volte alla sensibilizzazione e coinvolgimento di realtà, istituzioni e cittadinanza per promuovere la parità di genere in ambito sportivo. In questo momento abbiamo all’attivo un progetto dal titolo “ESTportare – Educazione, Sport e Territorio”, con il contributo di Fondazione Cariplo, e la collaborazione delle associazioni World Friends Onlus e Slums Dunk Onlus. Il progetto prevede attività educative, dentro e fuori dal campo, con l’obiettivo di promuove lo sport come strumento d’integrazione a 360°. Lo sport e la parità di genere è una delle tematiche che approfondiremo, grazie all’organizzazione di un convegno e di attività sportive in città, con l’obiettivo di fare rete con le realtà che si occupano di sport, donne ed integrazione sul territorio.

Cosa sarebbe necessario fare per rendere più accessibile lo Sport alle donne?
(A questa domanda risponde Sofia Coviello, volontaria che per Altropallone si occupa di Sport e Donne)
Esiste una legge, ormai obsoleta, che impedisce l’accesso alla pratica sportiva professionista da parte delle donne. Secondo me dovremmo partire da lì, dai diritti negati alle atlete che, di fatto, sono sportive per professione ma che non hanno alcuni tipo di tutela sindacale in quanto “dilettanti”. è vero, è la punta di un iceberg, ma se riuscissimo a sbloccare la situazione dal punto di vista legale credo si possa iniziare ad avere un confronto con lo sport maschile partendo da uno stesso livello. Per quanto riguarda invece l’accesso alla pratica sportiva, penso sarebbe opportuno lavorare sulle nuove generazioni, sulle bambine per intenderci. una buona cosa sarebbe creare iniziative per incentivare le ragazze, ma soprattutto i genitori, a praticare sport considerati culturalmente maschili. un buon esempio è l’iniziativa promossa dalla Figc “Ragazze in gioco”, per promuovere appunto la partecipazione attiva al gioco del calcio tra le bambine, in un contesto a loro famigliare, come quello scolastico. insomma, è necessaria una rivoluzione culturale “dal basso”.

Una domanda per entrambi: c’è un obiettivo, un sogno per il quale lottate da tempo per realizzare con la onlus?
M.P: Altropallone ha generato altre iniziative: campagne come AltriMondiali, un altro bel premio come sPace (Sport per la Pace/Spazio alla Pace), un originale SportHello a Milano… a me piacerebbe si riuscisse a organizzare degli “AltriEuropei”, un momento in cui dimostrare che il nostro continente possa davvero occasione di incontro di giovani cittadine e cittadini, in cui l’Europa diventi il nostro Paese, e che torni ad essere culla di civiltà e di accoglienza, di storia e cultura… Più che un sogno, è un obbiettivo, su cui stiamo già lavorando…
G.P: Sono molte le realtà che sul territorio si occupano di sport, sia a livello pratico che teorico. Fare rete è fondamentale, non solo con le associazioni ma anche con le istituzioni. L’obiettivo è quello di realizzare azioni congiunte ed offrire maggiori opportunità alla cittadinanza ed al territorio senza “disperdere” energie e anzi raggiungere un più ampio bacino d’utenza e quindi più alti risultati. E chissà… arrivare a gestire uno spazio dove fare sport per tutti, veramente!

Francesca Di Giuseppe