E’ donna, gioca a calcio, è omosessuale. Elena Linari, per molti, è un concentrato di aspetti in antitesi.
Lo è per tutti quelli che credono che il calcio sia uno sport destinato solo al sesso forte; lo è soprattutto per tutti quelli che, nel 2019, sono omofobi e faticano ad accettare che qualcuno possa essere attratto dal suo stesso sesso.
Elena però è una che nella vita ha deciso di fregarsene dei pregiudizi e di andare dritta per la sua strada.
Ha deciso di essere prima di tutto sé stessa!
Un amore è fatto anche di rinunce che non hanno il sapore del sacrificio ⚽️❤️ #alwayssmile? ph @CristinaGreg93 ???? pic.twitter.com/BfbCVgJaeN
— Elena Linari (@ElenaLinari) March 27, 2019
Era una bambina ma voleva correre dietro un pallone e così, noncurante di chi l’avrebbe voluta in tutù, ha iniziato a giocare a calcio e a sedici anni già debuttava, in Sere A.
Elena, che piaccia o no, è una calciatrice!
Lei è uno uno dei simboli del calcio feminile italiano, quello che ha deciso di dribblare sul campo ma anche nella vita per poi attaccare, segnare e infine vincere partite e lotte alle discriminazioni.
Lei, che ha 271 presenze in carriera -tra Firenze, Brescia, Fiorentina e Atletico Madrid– e una bacheca con 5 campionati vinti, una Supercoppa e 3 Coppe Italia , è diventata un pilastro della Nazionale (58 presenze in azzurro) e questa estate è stata una di quelle che ha fatto sognare.
Grinta, esperienza maturata anche all’estero (dal 2018 milita in Spagna), orgoglio per i sacrifici fatti, per i traguardi raggiunti, per aver creduto e difeso il suo sogno … con le sue compagne ha dimostrato che il calcio non è una questione di sesso.
Uomini, donne… sembra essere ancora tutto ridotto alla genetica ma Elena non ci stà e rivendica il diritto di amare ciò che vuole e chi vuole.
Elena ama il calcio e ama una donna… due amori che le richiedono coraggio, forza, e determinazione per resistere a chi giudica, disprezza, sminuisce, deride …
Anche per questo ha deciso di andare in Spagna, lo dice chiramente nella sua intervista rilasciata a Sara Meini di «Dribbling», il programma sportivo di Rai2, nella quale decide di dire la sua e mostrarsi senza veli:
…A Madrid non ho nessun problema, anzi.
In Italia invece sono io la prima ad aver paura di affrontare l’argomento perché non so la gente come potrebbe reagire. Ho paura del giudizio della gente
Rimarca l’arretratezza culturale italiana che non solo si riversa nell’incapacità di dare alle calciatrici lo status di professioniste ma anche soprattutto colmo di pregiudizi verso il mondo Lgbt.
E, in un ambiente culturale così intollerante, guai ad accostare il calcio all’omosessualità.
…Ci sono tanti calciatori che si coprono con un’altra relazione, così come qualsiasi altro sportivo per evitare i famosi pregiudizi…
Lei, però, non senza fatica, ha deciso di uscire allo scoperto, di non nascondersi più perchè in fondo, amare una donna e sperare di dedicarle un gol non è un reato… (e non dovrebbe essere inteso come tale)
Sul campo ha dato coraggio a molte giovani donne di non arrendersi e di non piegarsi a chi le discrimina per il solo fatto di voler giocare a calcio.
Fuori dal campo vuole infondere coraggio ai tanti e alle tante (soprattutto nell’ambiente calcio) che faticano-nascondono il proprio orientamento sessuale per paura delle reazioni esterne. E così racconta come è stato il suo coming out.
È stato toccante quello che mi ha detto mia nonna quando lo ha saputo. Era contenta e piangendo mi ha detto:
«Elena, ho tanta paura per te, perché non siete tutelate».
Io ho pianto, ma di gioia, perché a pronunciare queste parole è stata una nonna, una persona di 80 anni…
Purtroppo, la nonna di Elena, nonostante l’età, è consapevole che in Italia siamo ancora indietro.
Già, perchè, secondo un’indagine dell’International Lesbian and Gay Association (ILGA), è “il Paese più omofobo dell’Europa occidentale”.
Ben il 92% delle persone LGBT nel nostro Paese viene infatti discriminata a causa del proprio orientamento sessuale e si registrano quotidianamente episodi di disprezzo e intolleranza nei confronti di omosessuali e transessuali.
Elena ha deciso di combattere l’ipocrisia e l’ignoranza e dimostrare che il calcio e soprattutto l’amore non hanno sesso, hanno entrambi semplicemente bisogno di cuore, valori e tolleranza.
Caterina Autiero