Mentre la piazza bianconera freme per l’imminente arrivo di Dusan Vlahovic, non scemano le voci sul destino di Paulo Dybala in bianconero.

Dopo il colpo clamoroso e inaspettato dell’attaccante serbo, le frasi di Arrivabene e la conseguente reazione di Dybala dentro e fuori dal campo sembrano ancora di più indecifrabili.

Quale destino attenderà l’argentino a febbraio, quando – pare – avverrà l’incontro finale tra le parti? Quello in cui tutto – almeno così si dice – verrà risolto?

Malgrado l’entusiasmo per Vlahovic, l’affaire Dybala tiene sulla corda e sulle spine sia fautori, sia detrattori della Joya.

Le voci che circolano negli ultimi giorni sono veramente tali e tante da richiedere un attimo di stop e di riflessione.

Trovo molto bello che personaggi molto vicini al mondo Juventus, come Romeo Agresti, si siano spesi a rimarcare l’importanza di Dybala non solo nel presente, ma nella storia della Juve.

Trovo altrettanto importante che si ponga sempre l’accento su una cosa che è tutto fuorchè banale: l’amore che Paulo Dybala ha sempre dimostrato per i colori bianconeri.

Sempre e in maniera concreta, con i classici fatti.

Al di là di quelli che possono essere stati i suoi errori (che sicuramente ci sono stati, come non aver mai avuto un agente con gli attributi), l’attaccamento e la fedeltà dell’attaccante argentino per la Vecchia Signora è indiscutibile.

Così come è indiscutibile che questo attaccamento, questo amore di Dybala per la Juventus non sia egualmente ricambiato.

A fasi alterne, ciclicamente c’è sempre una sorta di appassionata dichiarazione che però puntualmente viene, per così dire, rinnegata.

La storia tra Paulo e la Juventus mi ricorda tantissimo una serie che amo profondamente. In essa,  il  protagonista nutre un sentimento così forte per l’amore della sua vita da anteporlo a tutto e a tutti.

Così facendo tuttavia compie, suo malgrado, una serie di scelte che si scoprono essere tutte sbagliate.

Ecco, non vorrei che per Dybala si verificasse esattamente lo stesso scenario.

Che questo amore così a lungo proclamato e così tormentato diventi alla fine un  motivo di rimpianto.

Un rimpianto soprattutto per Paulo perché, nell’attesa di essere riamato, è arrivato a 28 primavere. L’età della maturità piena, quella in cui un calciatore può dare la sterzata definitiva alla propria carriera.

In queste ultime ore, oltre al già noto interesse dell’Inter, si vocifera anche quello del Manchester City di Guardiola. E va bene, potrebbe essere solo fantamercato, ma io, solo al pensiero di Paulo nelle mani di Guardiola, mi emoziono.

Mi trovo spaccata in due, tra la tifosa passionale, che non lascerebbe partire l’argentino mai, per nulla al mondo, e quella invece razionale e obiettiva, che vorrebbe qualcosa di diverso per il Diez.

Qualcosa di nuovo, una ventata di aria fresca nella sua vita da calciatore, che lo porti a nuove e salutari sfide, che lo costringa a uscire dalla quotidianità che così bene oramai conosce ma che si è anche un po’ ingrigita.

Qualcosa che lo induca a misurarsi con i suoi limiti personali, qualcosa che gli faccia accettare il fatto che, forse, nel calcio di oggi l’ amore, per quanto vero, può diventare pericoloso.

E mentre scrivo questo, sto pensando che paradossalmente tutto ciò si verifica proprio mentre potrebbe avere come spalla di reparto il migliore che si potesse mai immaginare. E fa male, credetemi, ma lo devo scrivere lo stesso.

Dybala ci dovrebbe veramente andare, al City. O comunque altrove.

Ci  dovrebbe andare, per quanto elencato sopra, ma anche perché  ritrattare un accordo già praticamente raggiunto non è corretto, al di là di quanto valide possano essere le motivazioni fornite.

Qui non si parla nemmeno di amore, ma di rispetto.

Pensare che Dybala possa accettare le imposizioni che vengono dalla società, senza nemmeno considerare un cambiamento, mi rattrista. E credo rischi seriamente un giorno di provocare rimpianto.

Forse in una serie televisiva ci si può permettere di sostenere un copione in cui il motivo portante è: “I love you, and i hope, one day, you’ll love me back”.

Cosa accade invece nella vita reale, dove quel “one day” potrebbe non arrivare mai?

Perché in tutta onestà, secondo me, non arriverà. O, peggio ancora, forse accadrà, ma quando le strade si saranno divise.

E allora tanto vale cercarselo altrove questo amore, portandosi via tutto quanto di bello c’è stato (perché ce n’è stato tanto) e sapere voltare le spalle a chi  non ci vorrà mai tanto quanto lo abbiamo voluto noi.

E chissà, magari scoprire che il nuovo amore può essere forse meno intenso, ma più gratificante.

Qualcuno ne soffrirà (io sicuramente). Ma amare vuol dire, prima di tutto, lasciar andare.

 

Daniela Russo