C’è voluto un anno di indagini per arrivare all’arresto di due allenatori di Torino, di 20 e 50 anni, con accuse che vanno dalla pedopornografia minorile alla violenza sessuale. Anche un arbitro 49enne, di professione architetto, è risultato coinvolto nella faccenda ed è stato sottoposto all’obbligo di firma. La squadra della polizia postale, coordinata da Paola Capozzi, ha iniziato le indagini in seguito alla denuncia di un ragazzino di 16 anni che ha raccontato alla madre di un approccio sessuale da parte dell’allenatore più giovane. Il ragazzo era andato a dormire a casa sua dopo una preparazione atletica. “Si è infilato nel mio letto”, ha detto il giovane calciatore spiegando i dettagli.

Il caso del sedicenne non era isolato, e la polizia ha scoperto un sistema di adescamento di minorenni che avveniva tramite Facebook. Era l’allenatore ventenne ad adescare i giovani, scegliendoli per fascia di età, stringeva amicizia in chat e faceva capire ai ragazzini che il loro atteggiamento era basilare per la scelta del posto da titolare. Non solo, prometteva soldi o ricariche telefoniche in cambio di prestazioni sessuali.

I tre indiziati ottenevano e diffondevano materiale pedopornografico e in alcuni casi sono state consumate vere e proprie violenze sessuali.  I poliziotti hanno indagato prima sull’allenatore più giovane per poi arrivare a quello più anziano e all’arbitro. I tre si dividevano i ruoli per arrivare ad incontrare i minori e collezionare materiale pedopornografico. L’arbitro offriva passaggi in auto ai ragazzi e l’appartamento, invece l’architetto arbitro 49enne era più interessato a combinare gli incontri, offrendo anche massaggi tonificanti. Con la scusa di impartire lezioni di guida, i due portavano i ragazzini in luoghi isolati e poi tentavano gli approcci sessuali. All’allenatore 50enne sono stati sequestrati tutti i filmati contenuti nel suo computer.

Sembra che la storia andasse avanti da tre anni, durante i quali i tecnici hanno operato in più squadre.

Mirella Fanunza