A volte la formalità che spesso contraddistingue le dichiarazioni dei calciatori lascia spazio a considerazioni o commenti personali che, pur rientrando nel diritto garantito della libertà di pensiero, vanno a toccare il cuore pulsante del calcio: i tifosi.

Durante il match disputato alla Scala del calcio dalla nazionale italiana, Leonardo Bonucci è stato destinatario dei fischi di parte dello stadio, uno spicchio di tifosi rossoneri  – che non hanno digerito il dietro front del calciatore che, per un anno, ha indossato la fascia da capitano, piegata e lasciata al centro di Milanello per tornare alla Juventus.

Perfino chi non segue assiduamente questo sport ne conosce i meccanismi che, giusti o sbagliati che siano, prevedono una normale reazione – ovviamente giustificata solo se  pacifica – della tifoseria al momento dell’addio di un giocatore. Se hai onorato la maglia sarai ricordato col sorriso e accolto da applausi scroscianti al momento del tuo ritorno, seppur in maglia avversaria.  Se al contrario  il tuo comportamento è considerato da “mercenario”, puoi anche calcare il campo con la divisa che dovrebbe rappresentare l’unità calcistica italiana, ma non sarai di certo incoraggiato. Dopo aver ricevuto questo trattamento, le dichiarazioni che hanno fatto da commento del difensore sono state:

“La mamma dei cretini è sempre incinta”. 

Parole che suonano veramente strane non per il significato che assumono, e neppure perchè quei “cretini” lo hanno sostenuto per una stagione intera, anche quando non era all’apice del suo rendimento, considerandolo e chiamandolo Capitano… ma soprattutto perché, pochi giorni prima era stato proprio lui a riprendere  Mourinho per il gesto che il tecnico aveva rivolto ai sostenitori bianconeri.  Allora, se le regole sono uguali per tutti, “ammonire” (metaforicamente parlando) qualcuno e poi cadere nel medesimo errore, seppur in forme diverse – e per qualcuno anche più gravi – diventa un fallo da rosso. A volte forse la bocca bisogna sciaquarla, proprio come dice Bonucci quando esulta per un gol da lui realizzato: però prima di parlare.

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Ieri, ad avvalorare la tesi del ” non si sputa nel piatto dove si mangia”, sono arrivate anche le parole di Kolarov.

Il calciatore serbo ha risposto ad una domanda esternando una propria considerazione personale che oltre ad essere forte di suo,  arriva in un momento di disequilibrio per la Roma e per l’ambiente:

“Il tifoso può essere arrabbiato ma anche consapevole che di calcio capisce poco. A me piacciono basket e tennis, posso fare il tifoso, ma non dire come deve giocare Djokovic. Mai mi permetterei di fare tattica”. 

 

Anche qui, pur considerando la libertà di espressione (e pur avendo lo stesso allargato tale pensiero alla categoria tifosi in generale e non esclusivamente a quella romanista), le parole sono quanto mai stonate.

Il tifoso  è chiamato tifoso proprio perchè non è allenatore, il calciatore è tale per il ruolo che ricopre, così come l’arbitro è arbitro perchè svolge quel mestiere. Allora se il tifoso non può commentare un partita, il  calciatore non deve criticare scelte arbitrali perchè non gli competono, un match diventa forse  una lezione imparata a memoria, dove a parlare sono solo i “competenti”?

Sarebbe una noia totale.

Non solo. Ciò che spinge il tifoso al commento, alla critica, è qualcosa che lo lega inesorabilmente (e senza interessi, considerando che non prende un euro ma anzi, li spende per seguire la propria squadra da casa, allo stadio o in trasferta che sia!) al suo club: è l’amore per dei colori che fanno parte della sua vita, per sempre.

Se un sostenitore è chiamato ad esortare la squadra, a sostenerla, è giusto e normale che di fronte ad una delusione – tra l’altro assommata ad altre! –  possa criticare: se non ha studiato per prendere il patentino da allenatore non importa, perchè conoscere non è sempre sinonimo di sapere.

In fondo anche il calciatore non nasce calciatore, lo diventa per merito, per sacrificio e per un altro fattore, ultimo ma non meno importante: il sostegno della gente, quei tifosi che forse dicono più di quello che sanno, ma che amano ancora più del dovuto.

Si dice che il cliente abbia sempre ragione, il tifoso no, ma in questo caso a salvare dal giallo Bonucci e Kolarov non basta neppure l’intervento del Var.

Chiara Vernini