E’ tuonato come uno squarcio dal cielo che più che il cielo ha squarciato la terra quel maledetto 4 marzo quando, prima di andare al Dacia Arena di Udine, la Fiorentina ha dovuto attendere parecchio il suo capitano ma invano. Quel giorno Davide da quella stanza in cui dormiva da solo non è mai uscito, e per dirla tutta, in quella stanza ha chiuso gli occhi per non riaprirli mai. Quanto shock quella domenica mattina, quanti interrogativi che non trovavano risposta e pace neppure in quell’omelia che ai suoi funerali ha raccolto tutti all’unisono nell’assordante silenzio della riflessione.

Rabbia, forse, mai palesata da una famiglia fin troppo per bene per muovere accuse e domande scomode, eppure un colpevole, da qualche parte deve esserci per forza.  Tachiaritmia, patologia cardiaca, nota anche con il nome di “morte improvvisa” – dice l’autopsia – morte che però, secondo alcuni dettagli che emergono successivamente, si sarebbe potuta evitare se magari Davide quella notte fosse stato in compagnia. Ma non solo. La domanda è sorta spontanea da subito: come può un atleta che gioca ai massimi livelli di un campionato essere affetto da una patologia cardiaca senza che nessuno lo sappia?

E infatti qualcuno che lo sapeva c’è. Così almeno è quanto emerge dalle ultime indagini della Procura di Firenze che ha avviato nelle ultime ore l’avviso di garanzia per due medici degli ospedali di Firenze e Cagliari ai quali è rivolta l’accusa di omicidio colposo del difensore.

Dai referti di due esami effettuati da Davide per l’idoneità sportiva nel luglio 2017, emerge una extrasistolia ventricolare.

 

Egle Patanè