Un ritiro arrivato non per scelta ma per ragioni superiori: una patologia cardiaca è ciò che ha portato Andrea Orlandi ad appendere le scarpine al chiodo a 34 anni.

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Sino alla notizia, appresa con un comprensibile sgomento, il centrocampista italo-spagnolo aveva disputato 138 partite con otto maglie differenti.
Ha assaporato il profumo del campo spagnolo, inglese, indiano e italiano, realizzando 13 gol e servendo 17 assist ma dallo scorso fine settimana i risultati arrivati ad Andrea avevano una natura differente e ovviamente più rivelante di quelli di una partita.

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La salute viene pima di tutto e, come giusto che sia, quando ti si prospetta dinanzi agli occhi un problema come quello che ha scoperto di avere Andrea, il calcio, pur se dolorosamente come lui stesso ha fatto sapere in un’ intervista rilasciata a Gianluca Di Marzio, passa in secondo piano.

“Quando ho appreso la situazione ero davvero spaventato perché non avevo mai avuto problemi di questo genere in passato, mi sentivo bene fisicamente e avevo giocato partite ufficiali fino a qualche giorno prima. L’Entella mi ha messo tutto l’occorrente a disposizione e per il 20 febbraio abbiamo prenotato una visita ancor più approfondita a Roma da un famoso cardiologo che in passato aveva curato casi simili per altri calciatori. Nel frattempo ho trascorso due settimane a Chiavari senza allenarmi, in attesa di questa visita, perché se davvero fossero stati confermati questi problemi sarei stato a serio rischio”. 

Poi aggiunge:“Nei prossimi giorni, con calma, quando rientrerò a casa a Barcellona, voglio chiarire anche questa situazione. Ora non sono lucidissimo perché il senso di smarrimento è ancora tanto dopo questa doccia gelata con tanto di ritiro forzato. È tutto così surreale”. 

Un fulmine a ciel sereno lo ha definito Orlandi, forse la spiegazione più semplice ma anche più diretta per tentare di capire come un giorno, all’improvviso, tutto ciò che hai fatto sin da piccolo possa essere messo in discussione ma cambiare, in questo caso, era un dovere e no una scelta.

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Se una situazione del genere tocca tutti, in particolare può assumere un riscontro più forte se hai vissuto un evento tragico da calciatore come quello che Orlandi ha ricordato:“Nel 2010, quando giocavo nello Swansea, avevo tragicamente perso un compagno (Besian Idrizaj) a causa di un infarto quindi avevo voluto a tutti i costi sottopormi ad alcune visite specialistiche al cuore per avere la conferma di non aver alcun problema. E così fu. Mi dissero che ero perfettamente sano.

Un controllo che, però, stando a quanto riferisce l’ex calciatore e su consulenza di un noto cardiologo romano, avrebbe già all’epoca dovuto riscontrare la problematica.

Momenti similari a quello che sta attraversando Orlandi hanno caratterizzato anche la carriera di altri suoi colleghi.

Con Andrea Catellani oltre a nome, ha condiviso (seppure all’epoca non erano in rosa assieme) la maglia dell’Entella, proprio nel momento in cui hanno salutato lo spogliatoio. In quel caso, al  ragazzo era stata scoperta un’aritmia cardiaca che, naturalmente, ha portato alla necessità di interrompere l’attività agonistia.

Fabrice Muamba, classe 1988, ad oggi giornalista sportivo, ha vissuto un episodio durante la propria carriera calcistica che ha segnato lui e chiunque in quel momento si trovasse lì: un arresto cardiaco lo ha colpito durante lo svolgimento di un match e le ore successive hanno fatto temere per lui. Fortunatamente tutto è andato per il meglio ma il rettangolo verde di gioco, come è giusto che sia, l’ex centrocampista l’ha rivisto solo dagli spalti.

Casi, eventi, accadimenti paralleli si sono susseguiti in queste stagioni e tutti portano all’unica, assoluta e ovviamente riconosciuta come necessaria decisione:

Fare un passo indietro, un gol in meno nel calcio, per farne altri, infiniti e straordinari, nella vita.

Chiara Vernini